Regia di Xavier Dolan vedi scheda film
La storia, piuttosto semplice, verte sul rapporto contrastatissimo, di amore-odio, tra Diane 'Die' Despres (Anne Dorval), vedova senza lavoro, già parecchio sfasata di suo, alle prese con il figlio Steve (Antoine-Olivier Pilon), affetto dal deficit di attenzione e iperattività, che vivono un complicato rapporto genitore/educatore-figlio, a causa delle esplosioni ed intemperanze, sfocianti spesso in atti violenti, nei confronti altrui e anche di sé: tra le due esistenze borderline si intromette un'altra personalità fuori degli schemi come Kyla (Suzanne Clement), insegnante balbuziente in anno sabbatico, che trascura marito e figlia per cercare di aiutare i due vicini.
Con colpevole ritardo arrivo finalmente alla visione del tanto discusso - sia qui sul sito da altri appassionati, sia dai critici in generale - 'Mommy', quinto film del giovane cineasta canadese, francese di madre-lingua, Xavier Dolan, ragazzo prodigio per chi ovviamente adora i suoi film e sorta di bluff per chi, viceversa, non ama il suo modo di fare cinema: il film è un rutilante e fiammeggiante mélo, lontano anni luce da quello degli Studios anni '50 e poi ri-evocato da cineasti come Todd Haynes, ma invece costruito sugli eccessi di personaggi e situazioni portate al parossismo, dotato di notevole scorrevolezza narrativa e di attori, ben guidati nelle loro caratterizzazioni seppur molto caricate nei modi e nell'uso del linguaggio, spesso scurrile, offrono interpretazioni - in particolare Anne Dorval - che colpiscono nel profondo per la gamma di emozioni che regalano.
Personaggi che, incastonati tutti nel formato 1:1, quindi in un rapporto di aspetto dove altezza e larghezza formano un quadrato, risultano ingabbiati nell'inquadratura, che diventa perennemente claustrofobica, una gabbia niente affatto dorata, a testimonianza del loro stato d'animo pessimista e dalla loro vita dalle prospettive infauste e pessimistiche, che si allarga nei rari momenti di gioia e serenità vissuti da essi.
E' un cinema, come già detto, eccessivo e che sconfina nel naif in alcune scelte di abbinamento tra musica e immagini, ma vitale e degno di nota, vincitore del premio della Giuria ottenuto al Palmarès cannense nel 2014 e da riscoprire nell'interezza della sua filmografia dove, a detta di molti, si annidano film anche più belli di questo.
Voto: 8 (v.o.s.).
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