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Mommy

Regia di Xavier Dolan vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Mommy

di laulilla
8 stelle

Questo fu il primo film di Xavier Dolan presentato nelle sale italiane (a parte qualche locale e sporadica rassegna) dopo l'inatteso successo ottenuto a Cannes.

 

Mommy è la storia intrecciata, ma anche molto solitaria  di tre personaggi che vivono nella periferia di Montréal: una madre, Diane (Anne Dorval); un figlio, Steve (Antoine-Olivier Pilon) e una vicina di casa, Kyla (Suzanne Clément) .

Diane ha perso il marito, ciò che ha negativamente inciso sul comportamento e sul già precario equilibrio mentale di Steve, che al momento del film è un adolescente in grave difficoltà, turbato, oltre che dai problemi della sua età, dall’impossibilità di controllare la propria esuberanza, di contenere i propri impulsi talvolta violenti e la propria logorrea, nonché dall’incapacità di dedicarsi con costanza a qualsivoglia occupazione.

L’istituto al quale era stato affidato aveva dovuto espellerlo, in seguito alle lesioni che aveva causato a un suo compagno, cosicché Diane, piuttosto che affidarlo alle durezze di una struttura correzionale, come la legge canadese del 2015 le avrebbe consentito (l’azione è immaginata in un anno di un futuro non lontano), decide di tenerlo con sé, scommettendo che il proprio smisurato amore per lui certamente sarebbe riuscito a trasformarlo, così da “confondere gli scettici” che non volevano crederci.

 

La donna si era pertanto riportata a casa Steve, col sogno di farlo studiare, ricuperandolo alla normalità.  I confini della normalità  sono, però, molto incerti e Diane, donna di mezza età è pericolosamente vicina a quei confini. È una bella donna, che - sciupata dai dolori e dai sacrifici, indurita dalla vita (da cui ha imparato a difendersi con modi assai sbrigativi e rudi) - ora riversa su Steve tutto l’amore e la tenerezza di cui è capace, riponendo in lui tutte le sue speranze.

Il suo carattere impulsivo, le delusioni continue e l’imprevedibilità delle scenate di questo figlio disturbato, petulante  e aggressivo, la mandano facilmente in bestia, tanto da attirare l’attenzione di Kyla.

Di Kyla il regista non ci dice molto: sappiamo che è un’insegnante in anno sabbatico e che a sua volta attraversa un momento assai difficile, ma comprendiamo presto che diventa l’elemento di equilibrio fra madre e figlio poiché, accettando senza scomporsi la diversità di Steve, riesce a farlo studiare e a calmarlo almeno un po’.

 

Sono i momenti magici del film, quelli in cui sembrano realizzarsi persino i sogni di “normalità” di Diane. I tre potrebbero farcela solo se i fatti della vita, spesso casuali, non intralciassero i loro propositi virtuosi: quei rapporti d'amicizia e d'affetto, che sembrano proteggerli, si rivelano presto un rifugio troppo fragile in un mondo in cui gli innocenti non trovano spazio.

 

Il primo a soccombere sarà Steve, poi sarà la volta di Kyla, sopraffatta dalla sua stessa famiglia che ne ha sempre ignorato i problemi; toccherà, infine a Diane, apparentemente la meno debole e la più incline a trovare i compromessi necessari per sopravvivere: il suo incupirsi sconsolato ci testimonia, infine, la sua tragica sconfitta.

 

 

 

Il regista ci racconta, dunque, dall’ottica degli esclusi, una storia simile a molte altre, ma con singolare forza coinvolgente per la potenza espressiva delle immagini che scorrono sullo schermo nell’insolito formato 1 a 1, cioè in un formato quadrato che, occupando solo una piccola parte dello schermo ci obbliga a concentrare la nostra attenzione sui volti, simili a ritratti, dei singoli personaggi, i perdenti.

 

Quando lo schermo si allarga è per sottolineare i momenti  di aperta frizione fra la loro soggettività e la realtà, come quando Steve si esibisce nel Karaoke, volutamente ignorando l’ostilità crescente intorno a lui o come quando Diane rivive i momenti sognati, i desideri irrealizzati, le speranze deluse…

La narrazione, sintesi di autorialità e intrattenimento  è sottolineata da una colonna sonora che, con il suo eclettismo, diventa parte non separabile dal mélo, cui imprime ulteriore pathos, ciò che potrebbe anche non piacere: infatti ha diviso la critica, soprattutto in Italia, ma merita secondo me una visione attenta.

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