Regia di Jennifer Kent vedi scheda film
Amelia è la madre vedova del piccolo Samuel. Ha perso il marito in un incidente stradale proprio mentre stava andando in ospedale per dare alla luce il piccolo .
Amelia deve fare i conti con la sua condizione di parziale emarginata anche in famiglia ( vittima della micidiale accoppiata vedova + lavoro umile ), inoltre Samuel ha seri problemi di relazione e manifesta a volte anche delle crisi epilettiche.
Un giorno mentre sono assieme a letto leggendo, incappano in un libro che Samuel trova spaventoso, che narra di un baubau, il Babadook.
Da quel momento in poi la loro vita non sarà più la stessa perché strane presenze infestano la casa e il limite tra sanità mentale e pazzia si fa sempre più labile.
Il Babadook è ovunque.....
The Babadook è il film di esordio di Jennifer Kent, un passato non troppo brillante da attrice nelle lande australiane da cui proviene.
Il tutto a partire da un suo corto di circa 10 minuti , Monster, uscito quasi dieci anni fa nel 2005 e notato finalmente da qualche produttore..
Un percorso che hanno fatto tanti altri film ma stavolta è diverso: se infatti la cosa che si teme di più è la perdita della genialità dello spunto iniziale , fondamentale per ogni cortometraggio che si rispetti, nel marasma di una durata più ampia, vedendo Monster si ha l'impressione tangibile di un lavoro di limatura certosino, estenuante che ha portato a un film che è solo ispirato alla lontana al corto da cui è tratto.
Nonostante duri 9 volte di più c'è un lavoro di asciugatura degli stereotipi usati nel corto ( quel fantasma coi capelli corvini davanti agli occhi che fa tanto J-horror ) per arrivare a un risultato molto diverso, un qualcosa che è riduttivo definire horror.
The Babadook non è la solita storia del babau, dell'Uomo Nero , dello spauracchio che sta chiuso nell'armadio o dietro la porta della cantina chiusa a doppia mandata, è qualcosa di più intenso, perturbante, un qualcosa che ti entra sottopelle e diventa più disturbante ogni minuto che passa.
Jennifer Kent, a proposito, una regista donna e noi che continuiamo a dire che l'horror non è un genere per donne, non utlizza i soliti trucchi da Luna Park per spaventare, non smanetta sul volume della musica ma costruisce un orrore molto più complesso e stratificato e , pur senza usare le tecniche di cui sopra, ci regala un film che mette fottutamente paura, ma paura vera.
Un disagio che aumenta col passare dei minuti e che arriva ad essere disturbante nel profondo anche solo prendendosi tutto il tempo necessario per inquadrare il mondo in cui vivono Amelia e Samuel.
Sono due emarginati: lei vedova costretta a fare un lavoro umile, lui, un bimbo con seri problemi relazionali perché perso nel suo mondo di illusionismi e trucchi da mago fai-da-te.
Il loro è un mondo grigio, senza colori ( e tutto questo viene sottolineato da una stupenda fotografia dai toni plumbei ad opera del polacco Radek Ladczuk) che non viene rischiarato dalla gentilezza di un collega di lei e nemmeno dalla vicina di casa, un'anziana signora che a volte si prende cura di Samuel quando Amelia non c'è.
In questo contesto tuttaltro che felice, in un rapporto ricco di contraddizioni tra madre e figlio ( anche se non lo ammetterebbe mai, Amelia inconsapevolmente vede il figlio come la ragione per cui ha perso l'amatissimo marito) ha presa facile la suggestione operata da un libro di fiabe illustrato con protagonista questa creatura oscura e minacciosa, in tuba, mantello e unghioni alla Freddie Krueger.
E' reale?
O è solo una proiezione della mente di Amelia e Samuel?
L'eco delle loro paure più inconfessabili?
Come detto prima The Babadook pur lavorando sugli stereotipi alla base del genere horror e pur citando a piene mani i maestri ( vedere su uno schermo I tre volti della paura di Mario Bava fa veramente un gran piacere) ne rielabora costantemente la lezione dando luogo a un maelstrom di suggestioni e fobie che ha un aspetto nuovo, originale.
Facile rintracciare tra i meandri di questa casa spettrale gli echi di Suspense di Clayton, forse il miglior adattamento cinematografico del Giro di vite di Henry James, forse è facile anche intuire la psicopatologia che affligge la protagonista come in Repulsion di Polanski, o anche rintracciare il Kubrick di Shiningsoprattutto per il lavoro sopraffino sulla voce che fa Essie Davis ( attrice favolosa che fino a ieri mi era colpevolmente sfuggita) capace di passare dal sussurro all'urlo disumano senza soluzione di continuità , mettendo i brividi addosso.
Così come è rimarchevole il lavoro del piccolo Noah Wiseman nella parte di Samuel, occhi grandissimi in un viso che sa essere angelico e inquietante allo stesso tempo, a seconda dell'angolazione da cui è inquadrato.
The Babadook non è un horror o solo un thriller psicologico ( altro genere a cui è molto vicino) ma è uno struggente apologo su una mancata elaborazione di un lutto e sul rapporto contrastato con un figlio a cui si è fatto sempre festeggiare il compleanno in una data diversa da quella vera.
Per non ricordare.
Parte integrante di questa costruzione ai limiti della perfezione è anche un'intelaiatura visiva di grande raffinatezza, fatta di scenografie che inquietano non poco nel loro aspetto ordinario e di un uso dell'illuminazione che ha del pittorico pur parlando di una pellicola che appare desaturata di ogni forma di colore.
Jennifer Kent che ha una consapevolezza rara nell'utilizzo del mezzo espressivo, ancora più sorprendente se si pensa che questo è il suo esordio nel lungometraggio ,crea un personaggio di quelli che si fanno fatica a dimenticare, non la solita figurina monodimensionale che spesso affligge il cinema di genere.
E rielabora con grande sensibilità un'iconografia di genere ben rintracciabile ma che magicamente assume una valenza diversa, un'impronta quasi nuova.
I detrattori vi diranno che in The Babadook non succede nulla ma non credete loro.
L'adrenalina scorrerà a fiumi, il sangue no.
E quel finale , mutuato dal corto, è un ulteriore colpo di genio.
Chapeau ! Jennifer Kent.
Hai fatto l'horror dell'anno.
Ma forse anche il film dell'anno.
E la bomba stavolta viene dall'Australia.
PERCHE' SI : film disturbante che rielabora gli stereotipi dell'horror per trarne qualcosa di nettamente diverso, ottima confezione, fotografia straordinaria, eccellenti Essie Davis e Noah Wiseman.
PERCHE' NO : l'unica pecca è forse nella velocità con cui vengono tratteggiati alcuni personaggi secondari, i detrattori vi diranno che non succede nulla in questo film ma non credetegli....
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