Regia di Cédric Kahn vedi scheda film
Il film inizia con la fuga forsennata di una madre con i suoi tre figli: si tratta di che ha cresciuto i figli con il compagno Paco (Mathieu Kassovitz) in uno stile di vita nomade, immersi nella natura e rifiutando l'integrazione nella società consumistica, ma adesso vorrebbe una vita più stabile e normale per sè e per i figli. Il padre non si rassegna alla perdita dei bambini che lo adorano e, quando il giudice gli nega la custodia, sottrae i suoi due figli naturali che sono ben contenti di seguirlo, mentre il più grande, figlio di una precedente relazione della donna, decide di rimanere con la madre. Da questo momento la famiglia passerà ben 11 anni in fuga dalla legge e dalla polizia nei boschi e nelle campgane francesi, spostandosi continuamente e vivendo in comuni simil-hippie, mentre la madre non smetterà mai di cercarli.
I bambini sembrano mitizzare la figura paterna e la "vita selvaggia" che conducono con l'uomo, che li ama teneramente e si preoccupa della loro educazione. Ma dopo un salto temporale quasi decennale che ci porta dall'inizio alla fine della loro fuga, li troviamo adolescenti in cerca di autonomia: soprattuto il più grande diventa sempre più insofferente a questo stile di vita e desideroso di creare legami stabili, con una ragazza conosciuta in città e con la società in generale. Questo porterà il giovane a scontrasri col padre ed anche il fratello a cercare di riannodare i legami con la madre.
Tratto da una vicenda realmente accaduta in Francia, il film pone interessanti interrogativi sulla praticabilità di una vita nomade a contatto con la natura come alternativa alla vita stabile, integrata e sedentaria che nelle nostre società moderne si è affermata come unica possibilità, soprattutto se sono coinvolti dei minori da educare e tutelare: il personaggio di Paco la pensa diversamente e ci terrà a rimarcare la distinzione tra "educazione" e "scuola" e che quelo offerto ai suoi bambini dalla società consumistica non è "un avvenire". Ma uno dei pregi del film è che non ci dà risposte preconfezionate, ma pone interrogativi a cui lo spettatore è libero di rispondere secondo la sua sensibilità. Lo stesso sull'altra tematica fondamentale del film, con gli interrogativi che pone sulla normativa e la prassi riguardante l'affidamento dei minori: se è corretto affidarli ad un solo genitore e quanto debba essere tenuta in considerazione la volontà che bambini anche piccoli sono comunque in grado di esprimere. Il regista evita di schierarsi con il padre o con la madre, è evidente che entrambi amano i loro figli e sono sinceramente interessati al loro benessere.
Altro merito del regista è il suo evitare ogni sentamentalismo piagnucoloso e girare una drammatica vicenda di legami familiari recisi in modo asciutto e rigoroso.
Bravissimo Mathieu Kassovitz a delineare la figura paterna di un uomo che non è disposto a rinunciare né ai suoi principi e alla sua visione del mondo, né ai figli per cui nutre un amore incondizionato.
Bella l'ambientazione nella natura e a contatto con gli animali, in un mondo rurale ancora così vivo e ricco in Francia.
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