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Shining

Regia di Stanley Kubrick vedi scheda film

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La recensione su Shining

di sasso67
9 stelle

Capita spesso che alcuni particolari di certi film vengano ricordati male da chi li ha visti, magari da tempo, e poi ne ha parlato e sentito parlare per anni, con quei particolari sbagliati. Mi viene in mente, per esempio, che molti siano convinti che in un film «Totò vende il Colosseo agli americani». In realtà, in Totòtruffa '62, Totò vende - ed è ovviamente una truffa - non il Colosseo, ma la fontana di Trevi a un turista italoamericano, di nome Decio Cavallo.

Stanley Kubrick è forse uno dei registi i cui film sono più "travisati" nella memoria degli spettatori. Mi è capitato spesso, per esempio, di sentire persone che, criticando la violenza di Arancia meccanica, portano la sequenza, sottofondata musicalmente dalla Gazza ladra di Rossini, dello stupro sulla ragazza nel teatro abbandonato (quando vedemmo il film al cinema, con i compagni di classe dell'ultimo anno di liceo, le ultime cinque ragazze rimaste abbandonarono la proiezione dopo quella scena). Il fatto è che la violenza carnale nel film non si consuma, perché la banda di Billy Boy viene interrotta da quella di Alex appena dopo avere strappato i vestiti alla ragazza.

Con riguardo a Shining, mi è capitato recentemente di sentire la seguente frase: «Shining fa paura, senza utilizzare il sangue». In realtà nel film tratto da Stephen King si vedono ettolitri di sangue e fin da subito, fin da quando, cioè, Danny ha la prima visione delle due gemelline assassinate. Merito di Kubrick, quindi, è anche quello di avere spaventato, e ancora di più inquietato, riuscendo a far dimenticare il fiume di sangue che inonda i corridoi dell'Overlook Hotel. L'inquietudine che lascia il film è data anche dall'impossibilità di identificarsi con un personaggio: Jack è pazzo, Danny ha le visioni, ma alla fine anche Wendy vede i fantasmi; in più, i fantasmi dell'Overlook Hotel, che all'inizio sembrano un'allucinazione di qualche personaggio, interferiscono con la realtà, come quando aprono le porte della dispensa in cui Jack è stato rinchiuso dalla moglie.

Vi è, poi, un motivo d'inquietudine dettato da motivazioni più prettamente cinematografiche, come i tanti presunti errori di un notorio perfezionista come Kubrick: le sedie che ci sono e poi scompaiono, immagini che non si riflettono negli specchi, porte che si aprono su pareti diverse da una scena all'altra e così via. Può essere vero quello che ha scritto Enrico Ghezzi nel Castoro kubrickiano: «Shining irride apertamente alla possibilità di comporre e chiudere il puzzle: i buchi restano sempre aperti, assolutamente non curanti della precisione diegetica e logica con cui si svolge il modesto libro di Stephen King da cui è tratto il soggetto. Kubrick sembra infine suggerire che la ricerca di senso è vana; esso non è "nelle soluzioni", nelle chiavi di volta in volta reperibili, nei singoli puzzle che ne possono derivare; se si dà un senso in Shining, è solo nella figura stessa dell'enigma, e nel modo in cui si pone».

Se questo è vero, allora penso che si possa accettare, forse anche soltanto come pura ipotesi ludica, qualsiasi interpretazione che sia stata fatta. Su Shining, infatti, le interpretazioni proposte sono moltissime (come testimonia anche il film documentario Room 237) e se non tutte sono fondate su dati di fatto, alcune di esse, sulla base delle immagini, sono quanto meno plausibili: l'importante è non voler trovare per forza una coerenza logica cui poter piegare le immagini stesse.

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