Regia di Stanley Kubrick vedi scheda film
Jack Torrance si crede uno scrittore in erba. Per agevolare la terminazione del suo primo romanzo, decide di accettare il lavoro di custode invernale di un enorme albergo tra le montagne. A fargli compagnia ci saranno anche la moglie e il figlio Danny, bambino con spiccati poteri paranormali.
Un’ondulata stradina di montagna, la natura che si estende ovunque, con la sua potente bellezza, al destro dello schermo compare una macchina gialla, in lontananza. I credits scorrono e sembra di assistere al finale di un film, al suo epilogo, piuttosto che all’incipit di una delle storie più straordinarie scaturite dalla penna di Stephen King in una delle rare trasposizioni delle sue opere che risulta degna di nota.
La follia umana, già onnipresente nelle pellicole precedenti di Kubrick, qui prende definitivamente il sopravvento. Si materializza nella stanza 237 e si diffonde per tutta la struttura avvolgendola nel male che sembrava sopito, risvegliandolo da un torpore che non sembra averlo sopito. Seppur vecchia, ammuffita perché celata dalla luce nel tempo, quella follia possiede ancora il potere di fare del male; ed è quando Jack la abbraccia che si carica di tutto il dolore che possiede.
Nel mentre, il piccolo Danny, prende atto della luccicanza. Di quella oscura capacità di rivedere il passato e prevedere il futuro. Si aggira inquieto intorno alla camera 237, indubbiamente attratto da ciò che solo lui sembra sentire e vedere ma che invece si rivela essere una sorta di verità assoluta da tutti (o quasi) nascosta ma ben nota.
Stanley Kubrick scandisce i momenti prima in mesi, poi in giornate e infine in ore, in un restringimento temporale che rende il tutto man mano sempre più claustrofobico. La tensione aumenta e l’interpretazione di Jack Nicholson, il cui volto si tramuta in base alla pazzia repressa che man mano si manifesta nei suo gesti e ci lascia intendere che forse è proprio stando in quel mondo da cui fuggiamo che le nostre smanie, i nostri deliri incontrollati diventano controllati. Dopotutto la follia di Jack scaturisce proprio dall’incapacità di stare da soli, lontani dalla frenesia del mondo oppure era in lui da sempre innata e solo sopita?
Shining è una delle pellicole più affascinanti e inquietanti che la mia mente ricordi. È per questo che lo definisco da sempre il mio film preferito. L’ho guardato molte volte e molte altre ancora lo guarderò per provare a recepire tutta la sua essenza, fin dove mi è possibile.
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