Regia di Stanley Kubrick vedi scheda film
Shining è ispirato a un romanzo di Stephen King, grande scrittore di storie horror. Kubrick insieme alla scrittrice Diane Johnson procede a un accurato adattamento del libro per costruire la sceneggiatura.
“lo e Diane”, dice Kubrick, “discutemmo a lungo sul libro e poi compilammo un elenco delle scene che ritenevamo dovessero essere incluse nel film. Il finale del libro mi pareva un po’ convenzionale e non molto interessante. Volevo un finale che il pubblico non riuscisse a prevedere. Il finale con il labirinto è stato suggerito forse dalla scena con il giardino di piante potate a forma di animali che c’è nel romanzo”.
Shining ha comunque delle sorprendenti affinità con 2001. Le due opere, infatti, si situano nel “girone” fantastico, con una differenza: Shining appartiene all’horror-movie, mentre 2001 si può considerare un film di fantascienza.
Strutturalmente, i due film, a una lettura per segmenti, appaiono costruiti in quattro movimenti.
In Shining il primo movimento presenta uno spettacolare paesaggio di montagna, foreste e laghi nel quale i personaggi sono come sperduti e bloccati: è un paesaggio che ci richiama alla mente “l’alba dell’uomo” in 2001.
Il secondo movimento, l’Hotel Overlook, dove il direttore affida a Jack la custodia dell’albergo per l’inverno, ricorda i gesti e i convenevoli stereotipati dei cosmonauti prima della partenza a bordo del Discovery.
Il terzo movimento vede tre persone racchiuse in un luogo (l’albergo) senza uscita, isolato dalla neve dal resto del mondo, nell’impossibilità di fuggire; in 2001 la nave spaziale su cui viaggiano gli astronauti è chiusa nello spazio, separata dalla Terra, verso destinazione incerta.
Il quarto movimento è senza parole: viaggio verso la morte, la trasfigurazione e l’iniziazione, attraverso un labirinto, un viaggio che si conclude con un macabro finale nella grande sala dell’Hotel Overlook dove risuonano le note di una canzonetta degli anni 20 (Midnight, the stars and you- orchestra di Ray Noble, cantata da Al Bowbly); in 2001 analogamente il valzer di Strauss evoca la fine di un’era brillante, della Vienna fin de siècle.
In entrambi i film domina la musica contemporanea e di avanguardia (Ligeti, Bartòk, Pendereckj,) che assolve a una funzione descrittiva di stati allucinatori di sgretolamento della psiche.
Shining è la storia di una follia.
Uno scrittore in crisi è chiuso entro uno spazio claustrofobico, metafora della sua incapacità creativa: la sua angoscia è scritta innumerevoli volte (coazione a ripetere) su un foglio inutilmente inserito nella macchina da scrivere: lavoro senza sfogo rende Jack triste figura (nella versione italiana del film, il mattino ha l’oro in bocca).
Scrive Michel Ciment: “Scegliendo un artista come centro di una delle sue storie e facendone un fallito, Kubrick si abbandona a un esorcismo e dimostra, grazie a un esempio negativo, la supremazia esaltante della creazione artistica. Jack ha dato una realtà ai suoi incubi e se lo fa è senz’altro perché non ha potuto sublimare i propri istinti scrivendo il suo romanzo.”.
Il fallimento dello scrittore provoca uno scatenarsi di forze irrazionali che non intaccano il piccolo Danny e il nero Halloran, possessori della lucentezza.
Jack deve subire fino all’angoscia anche la rivalità del figlio (attaccato sempre più alla madre man mano che il padre precipita nella follia). Il figlio alla fine avrà la meglio sul padre, moderno minotauro armato di scure nel pauroso labirinto.
La sconfitta del padre è la sconfitta di un complesso edipico a livello storico: la data in cui essa avviene è il 4 luglio 1921, festa dell’Indipendenza degli Stati Uniti (questa data è segnata in margine alla fotografia che appare alla fine del film con Jack giovane in primo piano).
In Shining siamo spettatori di pullulanti mostruosità che permeano tutti gli interstizi dell’Hotel Overlook. La frontiera tra l’io e il mondo reale, tra il reale e l’immaginario nella schizofrenia va in frantumi e deflagra in inaudite e terrificanti visioni che Kubrick descrive con irraggiungibile bravura visionaria. Lo spettacolo di una mente scissa ci lascia stupefatti: il gelo delle nevi attraversa il corpo dello spettatore con effetti-shock devastanti. La follia assume i segni visibili dello sdoppiamento (Danny e Tony il suo doppio, le sorelle gemelle che appaiono nella simmetria allucinante del corridoio simili ai “mostri” di Diane Arbus); la macchina Arriflex-BL portata in spalla da Garrett Brown esplora lo spazio, le scale, i muri da cui schizzano fiumi di sangue; frequenti travelling avanti e indietro e in laterale frugano tutto l’Overlook secondo una spaventosa geometria; dove il dolly non può arrivare, negli angoli nelle feritoie, su e giù per l’enorme scalinata occorre la Steady-CAM, una congegnata macchina per filmare dall’occhio ubiquo, “leggera come un tappeto volante” (dice Kubrick) e affatto silenziosa.
Alla fine si capisce come questa specie di incubo intellettuale, vicino alla follia abbia affascinato Kubrick.
“Questo romantico disilluso”, afferma Michel Ciment, “divenuto illusionista a sua volta, che rifiuta le false scappatoie e le menzogne, che considera la vita come una tragedia o una farsa mordente e, spesso accusato per ciò stesso di nichilismo, è un grande liberatore.”
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