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Shining

Regia di Stanley Kubrick vedi scheda film

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Dany9007

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Shining

di Dany9007
9 stelle

Mi imbattei in Shining ancora 14enne. Da giovane appassionato di cinema non potevo sottrarmi alla curiosità di scoprire una pellicola così celebrata e quasi proibita. Ancora ricordo con curiosità la “quarta di copertina” del VHS che vidi a un centro commerciale, che recitava qualcosa del tipo: “pensate a ciò che vi fa più paura: è un alieno che viene dallo spazio? O un pazzo con il dito sul grilletto nucleare? O ancor peggio qualcuno di molto vicino che dovrebbe proteggervi?” Innanzitutto inutile dire che a quell’età non comprai l’originale della cassetta (erano i primi anni 2000, si affacciavano i DvD ma le VHS ancora costavano cifre improponibili per un ragazzino) che difatti noleggiai alla biblioteca del paese. Ebbene l’aspettativa di trovarsi di fronte ad una storia razionale fu palesemente disattesa, lasciando invece spazio a mille interpretazioni ed interrogativi. A distanza di circa 20 anni da allora ancora tanti dubbi, tante chiavi di lettura (di volta in volta contradditore) dimostrano come questo film sia stato concepito secondo un criterio difficile da diramare ma che ogni volta risulta più affascinante per lo spettatore. Tralasciando i ricordi adolescenziali e puntando direttamente alla pellicola, la prima considerazione palese si manifesta in una messinscena che Kubrick realizza con l’usuale maestria che ha dimostrato in tutti i generi da lui toccati. Insomma il tocco del maestro non si appanna anche nel genere horror. Ancor più emblematica è probabilmente l’interpretazione di Jack Nicholson che praticamente ha raggiunto una delle vette della sua carriera grazie a questa pellicola che è davvero entrata nell’immaginario collettivo (diciamo pure che già con Qualcuno volò sul nido del cuculo l’approccio da pazzoide era perfetto, qui ha creato un personaggio a cui è difficile ormai scindere l’immagine dello stesso Nicholson). Nella vicenda però, come accennavo, c’è ben poco della paura razionale, il male è qualcosa di serpeggiante che non coinvolge esclusivamente un personaggio ma si manifesta attraverso un luogo che funge quasi da “entità superiore”, così come gli “ordini superiori” di cui accenna il barman in una scena con il protagonista è ormai circondato da personaggi (irreali? Fantasmi?). Grazie ai poteri del piccolo Danny anche lo spettatore può percepire che la tragedia è in agguato, l’amico immaginario Tony, anticipa a Danny che il papà sta per essere assunto come custode, sebbene avverta il pericolo che si nasconde nell’hotel (l’ascensore che vomita sangue inondando i corridoi). Inoltre ancor prima che la famiglia si trasferisca definitivamente nell’hotel apprendiamo la violenza ha albergato nella zona sotto molteplici aspetti: oltre al brutale fatto di sangue avvenuto anni prima da parte proprio del custode che ha massacrato moglie e figlie prima di suicidarsi, si cita una spedizione di pionieri che rimase intrappolata tra le montagne arrivando quindi a sopravvivere attraverso atti di cannibalismo, nondimeno lo stesso hotel è stato costruito a inizio ‘900 su un cimitero indiano con annessi attacchi da parte delle popolazioni locali; insomma tutti fatti che sembrano concentrare tra quelle cime desolate un passato di efferatezze. Grazie alla versione restaurata (che aggiunge i famosi 25 minuti tagliati per il mercato europeo) si apprende con più chiarezza (e togliendo buona parte di quell’effetto misterioso che invece offriva la prima versione) che la personalità del protagonista Jack Torrence è portata alla violenza (ha lussato una spalla al figlioletto in un impeto d’ira) così come ha un serio problema di dipendenza dall’alcol che da soli pochi mesi è riuscito (forse) a contenere, si apprende in modo ancor più esplicito come la moglie Wendy sia estremamente succube del marito, dalla narrazione che fa alla psichiatra dei comportamenti del marito. Sempre nella versione “estesa” emerge in un dialogo tra Jack e Wendy, che egli sente di essere già stato nell’hotel, una sorta di dejà vu ancor più potente, che va quindi a spiegare/anticipare il misterioso legame con la struttura stessa. La violenza è quindi un elemento che va man mano a concretizzarsi attraverso la follia di Jack che si espande in modo incontrollabile e soprattutto viene invitato dagli spettri a “difendere l’hotel” dai poteri del piccolo Danny, che potrebbe minacciare con il suo “shining” il luogo malefico, così come fece una delle figlie del precedente custode che lui stesso racconta di aver dovuto “punire” in quanto ha tentato di dar fuoco all’hotel. Dunque è proprio l’hotel l’elemento cardine che sembra dirigere le mosse dei personaggi e che in un certo senso si sente messo in pericolo proprio da coloro che hanno poteri capaci di insidiarlo. Personalmente questa interpretazione mi lascia allo stesso tempo due dubbi: Danny non sembra manifestare alcuna mira “distruttiva” verso il luogo, che piuttosto sembra “subire” senza particolare riluttanza, allo stesso tempo mi chiedo perché l’hotel non abbia anche intercettato i poteri di Dick Hallorann, anch’egli dotato del particolare potere dello “shining”. Forse riuscire a tradurre una trama ed una visione così complessa con concetti razionali è davvero troppo. Altrettante domande sorgono soprattutto nell’ultima parte: la signora/zombie che Jack incontra nella camera 237, le agghiacchianti figure che Wendy vede per i corridoi e per le stanze (l’apice è la visione della coppia con una persona vestita da orso che sta avendo un rapporto sessuale con un altro in abito da sera, che qualcuno ha interpretato in una sorta di metafora della violenza di Jack su Danny). Il dizionario Mereghetti trova anche degli elementi comuni alla favola di Pollicino che riesce a sconfiggere “l’orco cattivo”, proprio come Danny riesce a sfuggire al padre nel labirinto lasciandolo quindi esposto definitivamente al gelo notturno. L’ultima inquadratura, per quanto difficilmente interpretabile, è comunque coerente con il fatto che Jack si sentisse già a “casa” una volta arrivato all’hotel (come spiega nella scena integrata della nuova versione) e così come il custode precedente evidenzia, avvertendolo che lui è sempre stato all’hotel. Insomma una tale trama così elaborata, accompagnata da una regia, una fotografia e delle interpretazioni impeccabili hanno prodotto davvero un film memorabile nel genere, per quanto al momento dell’uscita sia riuscito a mietere solo due candidatura (udite udite) ai Razzie Award, ossia gli Oscar dei film brutti, per la regia e per l’attrice protagonista. Insomma l’ennesimo caso che ci conferma quanto sia difficile che talento registico e critica vadano di pari passo.

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