Regia di Gordon Parks vedi scheda film
Capostipite di quel genere impronunciabile chiamato di blaxpoitation, "Shaft" ruppe gli schemi, lanciando una delle figure di spicco del cinema afroamericano in un film ibrido tra un solido action il classico neo-noir urbano. Rielaborando i topoi del poliziesco, il bravissimo Gordon Parks, abile nella gestione di intervalli ed accenti, nonché reduce di un passato da fotogiornalista, è stato in grado di rappresentare uno spaccato altamente credibile della povertà e del degrado metropolitano, mettendo in evidenza i quartieri fatiscenti e malfamati di Harlem. Lo stesso regista ha scelto Richard Roundtree nel ruolo del protagonista, conferendogli quell’aura iconoclasta che lo conficcò nell’immaginario collettivo. John Shaft infatti veniva esibito come un detective nero economicamente indipendente (e quindi non subordinato all’establishment bianco dominante), elegante nell’abbigliamento (memorabile la mise che risaltava golfini e giacche raffinati) e incorruttibile nelle posizioni scelte; univa un carattere imperturbabile e l’archetipica mascolinità parificandoli ad uno charme accattivante (nonostante l’indole solitaria). Un simbolo inequivocabile del movimento Black Power, il quale esercitava un fascino notevole sul grande pubblico (appartenente a diverse etnie e orientamenti politici). Facendosi strada in un ambiente turbolento (in bilico fra il legale e il criminale) soggetto alla lotta per i diritti civili, e alla presenza di personalità ambigue, mantiene uno stato emotivo freddo nel momento in cui gli viene commissionato un caso insidioso: deve salvare la figlia del gangster locale Bumpy Jonas (delineato efficacemente dalla robusta performance di Moses Gunn), probabilmente preda in una guerra di gang imminente (il primo incontro col boss sciorina una conversazione biliosa che alterna momenti di tensione a uno slang colorito). Si avvia così un’intricata infiltrazione che farà da preludio ad una resa dei conti esagitata: Parks compone sequenze galvanizzanti, utilizzando primi piani e riprese a mano libera con nitidezza e precisione espositiva, garantendo un ritmo sostenuto e una buona tenuta dell’insieme. Fondamentale poi il contributo della musica funk eseguita da Isaac Hayes, il cui tema principale dai bassi pulsanti è diventato ormai un classico intramontabile della disco. Non di certo originale nella trama, la pellicola, grazie a un approccio rivoluzionario e un processo realizzativo stimabile, ottenne anche un successo al botteghino più che meritato.
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