Regia di Aleksandr Sokurov vedi scheda film
Le didascalie tedesche dell’edizione trasmessa in Rai promettevano una temibile escursione di Sokurov negli autori russi dell’Ottocento, ma la “rivisitazione” si è fermata a “Delitto e castigo”. Il tentatore sciabordìo della Neva, che funziona come una provocazione biblico-nicciana (“Abyssus abyssum invocat”- “Se guardi a lungo l’abisso, anche l’abisso finisce con guardare dentro la tua anima”); l’impressionante fatiscenza della Pietroburgo popolare; un pallido Dostoevskij che impersona Porfirij Petrovi? (passàtemi quest’inversione!); la luce anticata con cui la pagina letteraria e il suo tormentato protagonista vengono rivissuti nella memoria: quel color sabbia delle prime pellicole, il cui spettro cromatico però il regista sa abilmente dilatare e condensare; il sapiente movimento delle comparse (della cui bravura Sokurov ci ha dato prova con i coristi nel Requiem di Mozart); l’aggressore (è lo “sconosciuto” al servizio Porfirij Petrovi?, che grida “assassino!” a Rodja?); l’animale totemico sotto cui quest’ultimo si rifugia; l’uso sapiente del Lied mahleriano, prima distorto o isolato in frammenti strumentali, poi reso alla fine nella sua conturbante purezza (una lezione di stile per tutti i marmellatori di colonne sonore! ) ... insomma, credevo di non resistere, e invece sono rimasto fino alla fine. Merito di Dostoevskij o di Sokurov? Lascio insoluto il quesito, perché come dice J. Cesar Monteiro, i problemi sono interessanti finché restano tali...
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta