Regia di Sam Peckinpah vedi scheda film
Prima vera pellicola con cui Sam Peckinpah fece conoscere al mondo il suo immenso talento, dopo l'esordio funestato da ingerenze produttive e manomissioni in sede di montaggio, con Sfida nell'Alta Sierra (1962), con più libertà il cineasta pone in poco più di 90 minuti, tutti i punti cardini del proprio cinema in ambito western, la cui ricerca nel genere è andata sempre concentrandosi in un ambientazione di fine 800' - inizio 900' (ad eccezione del successivo Sierra Charriba, con un'anomala collocazione temporale durante la guerra civile americana), dove il progresso e l'economia capitalista che avanza nella frontiera, restringe ogni spazio di libertà e rende desuete le vecchie figure del west, costrette a vedere svanire il proprio mito a favore di nuovi.
Steve Judd (Joel McCrea), anziano pistolero, si ritrova spiantato e senza un soldo, per puro caso ottiene con fatica un ingaggio da una banca locale, che gli chiede di trasportare e proteggere un carico d'oro lungo il tragitto che va dalla miniera a tale istituto di credito; l'uomo chiede aiuto nel compito al vecchio amico Gil Westrum, anziano e al verde tanto quanto lui, il quale si fa affiancare nel lavoro da Hick (Ron Starr), un giovane ragazzo con un debole per ogni donzella che gli capiti a tiro. In realtà Gil insieme ad Hick ha accettato il campito al solo scopo di rubare il carico lungo la via del ritorno, tentando lungo il tragitto di convincere il vecchio Steve a far parte del piano.
Peckinpah da subito mette in chiaro che gli spazi infiniti della frontiera si sono ristretti di molto, oramai l'esplorazione e l'ignoto sono roba del passato, Steve ed Hick sono pallidi ricordi di ciò che erano un tempo agli occhi dei contemporanei, venendo irrisi per la loro anzianità e visti con scetticismo, poichè secondo loro adeguati ai tempi odierni mutati; due figure classiche quindi, però se Steve cerca di essere onesto sempre e comunque, ha un suo codice morale che porta avanti con fatica, anche se ciò vuol dire condurre una vita di stenti ("Quale guadagno può avere un uomo se perde la sua anima?"), mentre Gil è in quella zona di grigio in cui fatica a trovare il proprio posto in questo nuovo mondo, costretto a campare in spettacoli da baraccone spacciandosi per un vecchio pistolero leggendario raccattando quattro spiccioli utili solo ad arrivare al giorno dopo, senza alcuna prospettiva futura. Una parabola umana inserita nel western, come tanto piaceva fare al cineasta, che lungo il tragitto di andata dal paese alla miniera, affronta varie tematiche a lui care, come l'amicizia virile, il codice morale e la distruzione dei miti americani, cominciando dall'ultra-religiosa e fanatica figura di Joshua, un allevatore che vive isolato dal mondo, visto da lui solo come luogo di corruzione costringendo la figlia Elsa (Mariette Harthley) ad una vita segregata nonostante sia promessa sposa di un minatore di nome Billy, nonchè oggetto delle attenzioni sentimentali di Hick, ricambiate parzialmente dalla ragazza.
Addio spazi infiniti sostituiti da un pendio infinito in salita fatto di sassi, rocce e polvere in quantità infinita, così come scompaiono le demarcazioni nette e l'esaltazione dei vecchi valori americani, destrutturati passo dopo passo, toccando lo zenith della rilettura in chiave negativa nel momento in cui i nostri, insieme ad Elsa fuggita dal padre oppressivo, giungono alla miniera dove devono pesare l'oro e portare il carico alla banca. La giovane ragazza decide di sposarsi con il fidanzato Billy, ma i suoi sogni cozzano con lo squallore della realtà misera in cui si ritrova; il suo promesso sposo è un uomo violento, i suoi fratelli sono anche molto peggio, con un matrimonio celebrato grottescamente in un saloon tra un giudice civile zuppo di alcool, prostitute come damigelle d'onore ed una mandria di zotici buzzurri come invitati alla cerimonia; lo sguardo spaesato e perso nella ragazza, diviene muto testimone angosciato di una realtà deprimente che distrugge in poche immagini ogni fantasticheria romantica che la giovane aveva sognato isolata dalla corruzione del mondo. La donna in Peckinpah è sempre colei che paga dazio in questo mondo a rotoli, così è costretta a subire le angherie di un Billy radicalmente diverso da quello che pensava e ad un tentativo di violenza sessuale da parte dei fratelli di quest'ultimo; nello sfracello del tutto il ritorno del classico impersonato dal vecchio Steve, pone fine temporaneamente a tali indecenza, attirandosi però le ire del neo-marito della donna che insieme ai fratelli giura vendetta, prefigurando così un mucchio selvaggio impazzito sulle tracce dei tre uomini, lungo il tragitto di ritorno.
Seppur ammorbidite dal montaggio voluto dalla produzione in cerca di uno stile più classico nelle sparatorie, si nota qua e là la mano del cineasta in cerca di soluzioni nuove tramite l'abbondante uso di "flash cut", con cui destrutturare le scene di scontri a fuoco tra i personaggi, andando oltre il rapporto causa-effetto tra colui che spara e colui che cade colpito dal proiettile, per tali soluzioni ci sarà tempo per mostrale nelle successivi opere, ma già lo scontro finale tra i due grandi vecchi contro il nuovo, con tanto di carrello ed inquadrature dal basso ad aumentare lo status epico-emotivo della scena, con tanto di frame finale lirico, che diventerà la cifra stilistica del cineasta. Tutto ciò risulta un compromesso più che onorevole tra istanze classiche e quelle rivoluzionarie cercate dal regista, che cercava dove possibile di inserire elementi tecnici innovativi anche per via del bassissimo costo del film (Appena 800.000 dollari). Prodotto senza convinzione dallo studios che per l'appunto vi impiegò poche risorse, nelle sale fu un discreto successo di pubblico, riuscendo però inaspettatamente a piacere alla critica togata e rispettabile di New York e Los Angeles, che gli riservò calorose recensioni, al pari di quella europea; c'è chi vede nell'opera il primo western revisionista, ma in realtà siamo più dalle parti del crepuscolare, in modo similare a L'Uomo che Uccise Liberty Valance di John Ford del medesimo anno, che è indubbiamente superiore, quindi la palma di primo innovatore totale del genere, dopo i registi classici (seguito comunque quasi in contemporanea di Sam Peckinpah), continua a spettare a Sergio Leone, la cui ambiguità nei personaggi era totale, così come radicali furono le innovazioni tecnico-stilistiche introdotte.
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