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Sfida nell'Alta Sierra

Regia di Sam Peckinpah vedi scheda film

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La recensione su Sfida nell'Alta Sierra

di cheftony
7 stelle

“My father says there’s only right and wrong, good and evil, nothing in between. It isn’t that simple, is it?”
“No, it isn’t. It should be, but it isn’t.”

 

Hornitos, California: Steve Judd (Joel McCrea) giunge placido a cavallo nella piccola cittadina, malamente accolto da un gendarme che lo appella old-timer. In effetti, Judd è un ex-sceriffo che ormai da anni si destreggia in altre attività per sopravvivere; nella fattispecie, è diretto alla banca di Hornitos per una commissione che questa gli ha affidato: trasportare oro per un valore di 250’000 dollari dalla cittadina mineraria di Coarse Gold – situata sulle montagne della Sierra Nevada – fino alla banca giù in paese. Un lavoro pericoloso, da effettuare in una tratta impervia e pullulante di rapinatori.
In cerca di aiutanti, Judd si rivolge al suo vice di un tempo, Gil Westrum (Randolph Scott), anche lui datato arnese del West che gestisce una bancarella a Hornitos. Allettato dalla cifra, Westrum si aggrega insieme al suo giovane e scapestrato aiutante Heck Longtree (Ron Starr).
Durante il tragitto verso Coarse Gold, il trio sosta una notte presso la fattoria del vedovo bigotto Joshua Knudsen (R. G. Armstrong) e della giovane figlia Elsa (Mariette Hartley), promessa sposa di un bifolco di Coarse Gold ma di cui si innamora subito Heck. Il trio diventa dunque quartetto con Elsa, che fugge di nascosto dalle restrizioni paterne per raggiungere Coarse Gold e sposarsi col suo Billy (James Drury).
Come se non bastasse, l’idealista e flemmatico Judd non sa che Gil e Heck hanno in mente di fregarlo…

 

 

Ride the High Country: The Once and Future Sam – Senses of Cinema

 

“Don’t worry about anything. I’ll take care of it, just like you would’ve.”
“Hell, I know that! I always did! You just forgot it for a while, that’s all…”

 

Sam Peckinpah si è fatto le ossa all’interno di produzioni cinematografiche e televisive vestendo i panni più disparati: dapprima assistente e supervisore dei dialoghi per il veterano Don Siegel, poi sceneggiatore di serie televisive western e, infine, ideatore, regista e produttore della serie “The Westerner”, presto cancellata a causa dei bassi ascolti. Nel 1962 i tempi erano ormai maturi per il grande salto, sennonché il suo primo film da regista cinematografico, “The Deadly Companions”, era stato funestato dalle ingerenze della produzione che ne limitarono la creatività.
Diverso è il caso del successivo “Ride the High Country”, commissionato da una major come la Metro-Goldwyn-Mayer sulla base di una sceneggiatura redatta da un certo N. B. Jones Jr., che leggenda vuole fosse alcolista, inaffidabile e autore di una sceneggiatura pessima. Andò a finire che il collega William S. Roberts la stravolse finanche cambiando il titolo e che Sam Peckinpah riscrisse dialoghi e finale, anche se entrambi i revisori risultarono non accreditati. Miseramente distribuito in sordina in patria, addirittura proiettato come secondo film in quella doppia programmazione allora sempre vigente, “Ride the High Country” riscosse quantomeno un ottimo successo di critica in Europa.

 

Ride the High Country (1962) | Ride the high country, Riding, Western movie

 

Opera già matura ed equilibrata, “Ride the High Country” è un piccolo prodromo del western revisionista e crepuscolare, (ab)usati aggettivi per definire il cinema per il quale Peckinpah diventerà noto qualche anno (e vicissitudine) dopo con titoli quali “The Wild Bunch” e “Pat Garrett and Billy the Kid”. I protagonisti sono vecchie glorie di un West che sta scomparendo: sono i primi del ‘900, ad alzare sabbia e polvere delle città si intravedono le prime automobili e l’incipit mette subito in chiaro che i fasti e la fama di un tempo sono svaniti; Steve Judd si illude quasi che la folla sia lì per lui, mentre Gil Westrum si è riciclato nelle vesti di un saltimbanco di paese.
È indicativo che i due protagonisti, contraltare l’uno dell’altro, siano interpretati da due icone del western classico al canto del cigno come Joel McCrea e Randolph Scott. Una coppia di personaggi atipica, consumata dagli anni, dal dubbio, dall’onore e dal tradimento, che si staglia su due giovani co-protagonisti che non appartengono al loro tempo. Temi così delicati ed antieroici lasciano tuttavia campo libero ad un umorismo sardonico sempre presente, a tratti persino picaresco. Fra gli antagonisti di contorno trovano spazio caratteristi di tutto rispetto come L. Q. Jones e Warren Oates, futuri feticci del regista nativo di Fresno.
Col passare degli anni, “Ride the High Country” è stato ampiamente rivalutato fino ad essere ritenuto uno dei migliori film di Peckinpah. Si tratta senz’altro di un ottimo film e di un buon punto di partenza di una carriera sull’ottovolante: Peckinpah raggiunge il suo apice sette anni dopo con il celebre “The Wild Bunch”, non prima di essere andato incontro ad un disastro produttivo con “Major Dundee” ed esser stato cacciato dopo pochi giorni dal set di “Cincinnati Kid”. Finirà poi con l’abbandonare progressivamente il western, genere della cui fine lui e Sergio Leone – ognuno a suo modo – sono stati i cantori.

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