Regia di Sam Peckinpah vedi scheda film
Il secondo film di Peckinpah è profetico. Pur risicato nel budget e gettato in pasto al pubbico in sale di seconda visione, si fa notare soprattutto in Europa, territorio dal pubblico più attento, per poi tornare in patria come biglietto da visita per una carriera irripetibile. Questa "Sfida" del titolo, mi chiedo se sia riferita ai due vecchi cow-boy che devono affrontare i fratelli Hammond (in cui troviamo il Warren Oates, attore feticcio del regista), o è la sfida sotterranea e silenziona tra i due vecchi amici, oppure è la sfida morale e naturale di ogni protagonista immerso in quel bellissimo paesaggio che fa da paradiso e da tomba. Credo forse che la sfida sia un po' tutti e tre i casi. Infatti, a livello narrativo il duello finale, magistralmente ideato e poi realizzato, esaurisce il titolo stesso, mentre il divario che si crea tra i due protagonistri è una vera e propria sfida umana e virile, che si vede poi ben rappresentata al di fuori di loro: in un ambiente immobile, bellissimo, naturale, ma pur sempre selvaggio, aspro, e a volte cattivo. Il grande Sam procede lento in una storia che sa di vecchio western, ma che proprio in questa sua vecchia grammatica del genere (che via via Penkinpah poi abbandonerà), vuole evidenziare quella che il Caprara chiama nostalgia della vita, decifrata cinematograficamente. Infatti il critico parla anche di un certo "suicidio", prima morale che fisico, del protagonista McCrea, che risulterebbe, sempre secondo il Caprara, il primo suicidio in un racconto western. Ora, pur non sapendo con certezza se questo sia vero, mi piace avvicinarmi ugualmente al discorso, evidenziando come nella morte di McCrea si racchiuda tutta la disillusione di un mondo in cambiamento, a cui fa contrasto l'immutabile paesaggio, che appunto farà da tomba al vecchio cow-boy. Il fatto che non si voglia far vedere dall'amico mentre muore, e che si guardi intorno cercando una risposta a tutto quello che gli si sta sbriciolando intorno, è segno di una pofonda interrogazione esistenziale, che non credo abbia avuto molto sviluppo nel genere western classico, se non in qualche occasione. Ma riflessioni così spietate, disilluse, ma profonde le troviamo però in Peckinpah e in Sergio Leone, e in tutti i più profondi Spaghetti-Western nostrani. Il caso di Clint Eastwood con "Gli Spietati" è l'ennesima conferma di un genere maturo che usa il western come mezzo, e la ricerca esistenziale come fine.
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