Regia di Sam Peckinpah vedi scheda film
C'è una sequenza all'inizio di Ride The High Country (ma avrebbe dovuto chiamarsi con un altro titolo altrettanto bello: Guns In The Afternoon) che da sola, oltre a valere la visione del film (eccezionale), condensa in sé gran parte della poetica e delle atmosfere del cinema peckinpahniano a venire. è la sequenza in cui il vecchio cowboy arriva nella cittadina dove verrà ingaggiato (un topos del cinema western) proprio mentre si sta svolgendo un palio tra cavalli: un poliziotto si rivolge a lui scortesemente e gli dice "don't you see that you are on the way?! get out of the way!". Ecco, già al suo primo capolavoro, Peckinpah chiarisce le cose: i suoi personaggi sono in mezzo alla strada, sono fermi nel bel mezzo del corso delle cose o, meglio, della corsa delle cose. I giovani sfrecciano e chi si rifiuta di sfrecciare con loro o si accontenta e si mette da parte, "tenendo fermi i cavalli", o lotta fino alla morte, che puntualmente non tarderà ad affacciarsi al suo cammino. Al dì là della perfezione formale, davvero stupefacente per un regista al suo secondo lungometraggio, della prova magistrale di due vecchi attori quasi dimenticati, dei volti (già) tipicamente peckinpahniani dei grandi comprimari (tra cui un eccellente Warren Oates, toccato e lercio, e L.Q. Jones, presenza fissa di questo grande cinema), al di là dei temi che diverranno classici (tradimento, vendetta, amicizia virile, forte senso etico dei personaggi, il divenire continuo delle cose e il non sapersi adattare), quello che resta è la poesia cruda e malinconica (ma non spietata, come spesso si è detto) delle immagini, autunnali e soffuse, la semplice verità di certi dialoghi, hollywoodiani sì, ma amari e toccanti come non mai in un western (il dialogo in punto di morte tra i due amici, dopo una sequenza che anticipa, come consuetudine in Peckinpah, sviluppi successivi: in questo caso la celebre camminata del mucchio verso la sua fine): il tutto non è mai eccessivo, non è ancora iperrealista o splatter, non è ancora parossisticamente elegiaco e dilatato come in Pat Garret, non è ancora svalvolato o dopato come in Osterman Weekend (grande per altri motivi), ma estremamente calibrato e controllato, classico e già mille anni avanti, senza sbavature né compiacimento. Credo che Peckinpah abbia potuto, parafrasando la celebre frase del film, "come back home justified": tornare a casa sapendo di essersi meritati quello che si ha, di aver dato il massimo, di non avere rimorsi. Gigantesco. La figura del padre della ragazza, contadino bigotto e manicheo, ha origini autobiografiche.
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