Regia di Manuela Tempesta vedi scheda film
L’arrivo di una piccola compagnia di burlesque scatena le chiacchiere e i malumori di un piccolo e remoto paesino della Puglia, anche perché l’eccentrica prima donna, Mimì le Petit, è la figlia di un noto industriale del luogo, la cui fabbrica di ceramiche, chiudendo i battenti, ha lasciato sulla strada centinaia di operai. L’esuberante donna ritorna per vendere le proprietà di famiglia, ma nello stesso tempo, abbandonata dalle colleghe più giovani, è costretta a reclutare nuove leve sul luogo.
I presupposti per un’irriverente commedia degli equivoci che rifletta al contempo su temi sociali e culturali, purtroppo svaniscono sin dai primi minuti: l’umorismo è insulso e latitante, per non dire inesistente, e la trama, già di per sé debole e sempliciotta, non riesce a rivelarsi accattivante nonostante la presenza di un cast quantomeno apprezzabile, capitanato da una brava ma non del tutto convinta né convincente Sabrina Impacciatore, cui si aggiungono una Laura Chiatti fintamente sciatta, una Michela Andreozzi sottotono e una Giovanna Rei più che altro accessoria. Il quartetto di attrici impersona dei personaggi monodimensionali, caricature prive di profondità e incapaci di suscitare simpatia, che si muovono in un contesto folcloristico, arretrato e stereotipato, ritratto senza alcuna vena graffiante.
A ciò si aggiunge la stonatura provocata dall’inserimento dell’argomento “politico” della lotta per il diritto al lavoro, che mal si amalgama alla storiella sfilacciata delle tre donne alla riscoperta della propria sensualità e femminilità – un processo/evoluzione che viene tirato via in maniera incomprensibile, laddove invece si sarebbe potuto giocare di più e con maggiore ironia con i momenti dell’addestramento delle neo-ballerine. Il finale rose e fiori da favoletta edulcorata e sempliciotta affossa ulteriormente la pellicola dell’esordiente Manuela Tempesta, il cui interesse culturale è francamente ingiustificabile.
Deludente e trascurabile.
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