Regia di John Ford vedi scheda film
Per molti aspetti un western senza nulla di particolare, con una fotografia non eccezionale e dialoghi piuttosto banali. La storia mostra subito i suoi risvolti, si individuano facilmente le alleanze e si può prevedere dalle prime battute chi ci sarà nell'immancabile scontro finale a suon di proiettili. Il cattivo Doc mostra la sua anima buona già nelle prime battute e l'accoppiata con Wyatt Earp appare ovvia. Nel complesso comunque un buon western con una coppia di protagonisti assolutamente perfetta, gli ingredienti che tutti aspettano di trovare in un prodotto di genere, una colonna sonora entrata nella storia. Consigliato per lo più agli amanti del western.
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Non è detto che Ford volesse essere imprevedibile, alle volte la bellezza di un film, secondo me, sta in altri aspetti. La prevedibilità è forse un valore alla prima visione; un film, visto molte volte, perde questa attrattiva. A me è capitato di aver veramente amato "Il ladro" di Hitchcock solo alla quinta visione, "Il giardino delle streghe" alla seconda, "La scala a chiocciola" solo alla seconda o alla terza, non ricordo. Oramai non c'era più niente di imprevedibile. La cosa imprevedibile fu che li vidi, evidentemente, con altri occhi. Anche a me "Sfida infernale" non piace più di tanto, ma troppe volte mi è capitato, con i film di Ford, di averne "amato" il "tempo", "l'accadere", in un secondo momento. Potrebbe capitare - cosa che finora non è accaduta a nessuno di noi due nei riguardi di "Sfida Infernale" (e non c'è obbligo che accada o che il film lo induca in noi) - di cambiare prospettiva, per cui i dialoghi cambierebbero radicalmente nella nostra percezione.
Per stare alla musica, è come in una sinfonia di Beethoven: le proporzioni delle parti sono importanti quanto le melodie, ed incidono sulla percezione delle stesse. Per esempio, Beethoven scrisse una introduzione lenta al finale della sua Sonata op.106: avrebbe potuto cominciare subito con il finale, una Fuga in tempo Allegro. Invece, scrisse una introduzione lenta, che ovviamente ci dice qualcosa del perchè nel finale ci sia una Fuga con quel carattere. Mi chiedevo, forse l'introduzione pensata da Ford...
E' un piacere parlare con te. :) Sì, è vero la prevedibilità non è necessariamente un difetto, non quando è una scelta deliberata volta magari a far rilassare lo spettatore perché si gusti altri aspetti con mente più serena. Possibile, dunque, che fosse una scelta precisa. Ciò renderebbe inevitabilmente il mio giudizio fazioso, poiché d'istinto io do molto peso all'originalità della trama e non a caso ho trovato certi "capolavori" molto noiosi, scontrandomi con i giudizi di altri utenti. Qui però, devo esser sincero, a parte la bravura degli attori non ho visto qualcosa di particolarmente esaltante. Spesso in questi vecchi capolavori in bianco e nero ho potuto ammirare una fotografia molto bella o un montaggio innovativo (Rancho Notorius mi viene subito alla mente) o magari dialoghi comunque nuovi per quanto tagliati sempre con lo stesso stile (ed in tal senso mi piacque parecchio Il Grinta); qui invece non ho trovato nulla del genere. La cosa che più mi è rimasta impressa sono i due protagonisti.
Una delle qualità migliori di Ford era il suo talento pittorico. Se noti, fin dalle prime scene, scoprirai la cura che Ford ha della fotografia: gli spolverini bagnati e luccicanti dei Clanton, l'uso straordinario delle luci negli interni, le inquadrature apparentemente banali ma incredibilmente sapienti della vita quotidiana di un villaggio del West. E guarda i particolari apparentemente insignificanti come l'impaccio di Earp (Fonda)nel ballo che fa da contraltare alla sua abilità di "gunman" (questo per renderlo più umano e toglierlo dal piedestallo dell'eroe). E pensa alla straordinaria scena dell'attore, mezzo guitto e mezzo ubriacone, che sul palco si trasforma e riesce a creare un'atmosfera magica, disturbata dai soliti 4 cafoni, subito messi a tacere dalla pistola di Doc. E' una scena commovente che riscatta la natura avida, selvaggia e gretta di quei pionieri. E i dialoghi di Ford non sono quasi mai banali: lo sembrano solo perchè hanno la dote della sintesi, dote necessaria per rendere più agile la visione e scorrevole il racconto. Del resto, Frank Nugent, Dudley Nichols e, in questo caso, Winston Miller sono grandi professionisti e Ford si fidava di loro e a ragione. Non te la prendere se non sono d'accordo con te su tanti punti: mi ha incuriosito che non ti sia piaciuto uno dei film veramente epici sul West. Ma la tua opinione vale come la mia.Tutto qua. Con amicizia.
E' bello vedere come ci siano tanti occhi, tanti modi di vedere le cose e molti più precisi del mio. Dipende credo anche dal film e dallo spirito di osservazione di ognuno. Indiscutibili i punti forti che mostri tu e in fondo non fanno che confermare che le mie 4 stelle erano più che giuste e c'era qualcosa che mi suggeriva di non scendere assolutamente al di sotto di quelle. La scena della recita di Shakespeare è piaciuta a molti mentre io l'ho trovata dissonante e non l'ho gradita particolarmente pur avendone apprezzato la carica innovativa (quanti altri film riproporranno quest'espediente?). Ma quella è questione di gusto personale. Sui dialoghi invece temo non ci metteremo d'accordo perché ne ho visto parecchi altri molto essenziali ma che a mio avviso non scadevano nella banalità. Condivido in ogni caso lo spirito di tutte le critiche, costruttive ed educate. :) Grazie.
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