Regia di Francesco Rosi vedi scheda film
Splendido esordio di Francesco Rosi alla regia di un lungometraggio. Il film sarebbe di per sé una chicca in ragione del suo taglio documentaristico e antropologico. La Napoli anni ’50 che ci viene mostrata è di un realismo impressionante. Che si tratti dei mercati generali, degli edifici con ballatoi su cui si svolgono scene di vita vera e varia umanità, dei casali e delle aziende agricole dell’epoca, delle processioni religiose, delle automobili o dei costumi, si resta sbalorditi di fronte a tanta precisione e tanto stile. Per non parlare dei dialoghi: accento napoletano strettissimo, ma mai dialetto, in modo che possa essere compreso in tutta Italia. E quando parlano i Napoletani, si sa, cantano. La vicenda narrata è molto drammatica. Un giovane, classico primogenito di una famiglia tradizionale, tenta di farsi strada nel mondo degli affari illeciti, sfidando chi è più potente di lui. Caro gli costerà. Nel frattempo, seduce e sposa una sua affascinante dirimpettaia, interpretata da Rosanna Schiaffino, all’apice della sua bellezza tutta mediterranea. Colpisce il fatto che il salto di qualità nel mondo del malaffare consiste nel passare dal contrabbando di sigarette al mercato ortofrutticolo, ovvero da un’attività illegale ad un’attività lecita ma controllata da boss camorristici! L’azione è rapida, non ci sono tempi morti e si resta incollati davanti allo schermo. Prima dei film western all’italiana, ambientati in America, sono esistiti i western alla siciliana e alla napoletana, ambientati in Italia. Questo film ne costituisce un esempio di rara qualità.
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