Regia di Jaume Collet-Serra vedi scheda film
«Sarà una lunga notte».
La promessa del fuggitivo Liam Neeson fatta per telefono al poliziotto non corrotto Vincent D'Onofrio è mantenuta. Le lunghe funebri ore calate negl'inferi urbani di una New York-limbo che è il cuore di tenebra di una parabola esemplare e prevedibile di espiazione partono dal banale teatrino natalizio e terminano nell'atto ultimo salvifico bagnato di pallottole e redenzione. Nel mezzo, una storia come tante (altre volte vista), che intreccia padri criminali (il "gravedigger" Neeson, reietto ridotto a zombie innaffiato di alcol e perdizione, al soldo del boss Ed Harris) e figli che li odiano (Joel Kinnaman, bravo ragazzo con famiglia a carico) o che ne cercano l'approvazione (Boyd Holbrook, il classico bad boy che non ha il senso degli affari del genitore); storia di sangue e vendette incrociate, di fughe e caccia, di ricordi sepolti nel peccato e vividi incubi presenti.
Il casus belli - l'uccisione del cattivo ragazzo che voleva chiudere bocca e vita al proprio figlio - è come se destasse l'ex killer dallo stagnante stato di sopore alcolico: rinascita a tempo, per proteggere quello che resta della famiglia e dare un senso, tombale, a quella che è divenuta una non-esistenza.
Il regista, Jaume Collet-Serra, immerge il racconto di quest'ultima corsa nei gironi illuminati a notte della grande città (il pub covo delle attività del mafioso Ed Harris, le fluorescenti strade trafficate, i mega-edifici della periferia, la linea ferroviaria i cui binari rimembrano frammenti di vita condivisa tra i due padri, lo chalet luogo di catarsi e confessione facendone un tetro teatro della tragedia. Traducendolo con testi e sottotesti dell'action: rude, crepuscolare, di sostanza, con pochi fronzoli e mirate soluzioni registiche (la mdp che cala dall'alto per fissare l'obiettivo, i fermi immagine, le riprese strette, i cambi di prospettiva, gli inseguimenti - in auto e a piedi -, anche grazie al montaggio calibrato) senza perdere di vista perciò la solidità dell'impianto e portata etica della corsa.
Insomma, un buon action-thriller che sa mantenere costante la tensione, appesantito però da una sceneggiatura - già non propriamente originale di suo - a tratti superficiale e sbrigativa (alla fine Neeson risolve la questione entrando nel pub da solo sparando a tutti) ma anche dalla prova del protagonista. Oramai inflazionato nel genere (oltre alla saga di Taken, da menzionare A Walk Among the Tombstones, Unknown e Non-Stop, con gli ultimi due diretti sempre da Colllet-Serra), al buon Liam si fa fatica a credere, lo si confonde con gli altri ruoli. E la faccia è sempre quella.
Un bel colpo invece Ed Harris, attore di prima grandezza perfettamente calato nella parte, ma buona anche la prova di Joel Kinnaman mentre quella di Common (il killer professionista) risulta alquanto stereotipata, anonima e al grande Vincent D'Onofrio spetta, ancora una volta, un ruolo da comprimario: sprecato (come Nick Nolte: un cameo incomprensibile il suo).
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