Regia di Jaume Collet-Serra vedi scheda film
La lunga notte dei Conlon affonda le radici nel giorno di Natale, nel salotto di un clan irlandese di New York, costruito su legami di sangue versato. Ma è un Natale che non dura più di mezz’ora, quello di Collet-Serra, poi la corsa alla sopravvivenza e quella al massacro diventano la stessa cosa. Jimmy Conlon e il figlio Mike fuggono dai vecchi amici, dalla polizia corrotta, da un sicario infallibile e dalla loro relazione. Fatta eccezione per l’andirivieni superfluo tra una prospettiva aerea e una vertiginosa discesa nella trappola urbana, il film non insegue la trovata visiva, ma si concentra sull’architettura della tragedia e delle sequenze di tensione, che sono tante e non deludono. La metropoli è un villaggio western, con tanto di ferrovia per gli ultimi fuochi tra Liam Neeson e Ed Harris, perfetti. E poi i block, con il loro teatro di piani (non) comunicanti, e la strada, per l’inseguimento a rovescio tra fuggiaschi e polizia. Si sa esattamente dove si andrà a finire, ma il film è nel percorso. Alla terza collaborazione con Neeson, il regista aumenta il carico pulp del personaggio, insieme a quello morale. L’anima pesa più del corpo per Conlon, il giudizio è emesso, resta una sola opportunità, già postuma: farsi angelo sterminatore e impedire al figlio di mandare a segno anche un singolo colpo. In quest’impresa impossibile c’è tutto lo spettacolo del film, tutto il suo sentimento.
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