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I sette minuti che contano

Regia di Russ Meyer vedi scheda film

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La recensione su I sette minuti che contano

di mm40
4 stelle

I sette minuti di J. J. Jadway, autore sconosciuto che si ritiene morto da qualche decennio, è un libro che scotta. Il romanzo racconta i pensieri erotici di una donna e lo fa in maniera piuttosto dettagliata, tanto da convincere un procuratore californiano a chiedere di impedirne la vendita. La commissione governativa di censura è d'accordo, ma non lo è l'editore del libro, naturalmente. In pieno clima elettorale, cercando popolarità il procuratore si spinge a fare persino di più: riversa sul romanzo tutte le accuse per lo stupro di una ragazza; il giovane accusato confessa infatti di averlo letto e di essersi sentito eccitato al punto di commettere quel crimine. Ma un avvocato decisamente in gamba porta a processo il vero autore de I sette minuti, un personaggio al di sopra di ogni sospetto.


A una prima, rapida occhiata neppure sembrerebbe un film di Russ Meyer: non ci sono nudità e i dialoghi sembrano sensati, i personaggi hanno una psicologia abbastanza realistica e le attrici non sono tutte playmate; eppure la direzione piuttosto maldestra e gli argomenti di fondo della pellicola non lasciano dubbi. Meyer per una volta fa, con questo I sette minuti che contano, un tentativo di realizzare un film dagli standard artistici quantomeno canonici. E il risultato, per quanto un minimo claudicante dal punto di vista della messa in scena, non è poi così male: l'opera ha il suo perché ed è un perché ben caro al regista stesso: è infatti un'apologia decisa della libertà di espressione artistica. Non è chiarissimo invece il motivo per quell'aggiunta (“che contano”) nel titolo italiano, fondamentalmente non troppo distante dal The seven minutes originale, ma inutile indagare. La base di partenza è un romanzo di Irwing Wallace, trasformato in sceneggiatura da Richard Warren Lewis; pare evidente però come ci sia più di una semplice analogia tra il destino del libro al centro della trama e quel Fanny Hill che Meyer aveva portato sullo schermo pochi anni prima (1964). Nel cast non ci sono nomi di evidente rilevanza (Wayne Maunder, Philip Carey, John Carradine, Marianne McAndrew, Robin Hughes) e compare anche un giovane Tom Selleck in una particina, già riconoscibile dai baffoni. Le sequenze ambientate in tribunale possono facilmente annoiare, così come la durata che sfiora le due ore sembra essere eccessiva; intrigante però la svolta, verso il finale, con la rivelazione del vero autore del romanzo al centro della vicenda. 4,5/10.

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