Regia di David Dobkin vedi scheda film
Nella fabbrica dei sogni il passaggio di consegne tra vecchi e nuovi divi è diventato un fatto pubblico, dovuto e celebrato atttraverso corrazzate cinematografiche che stimolano lo spettatore soprattutto per il confronto, di stile e di bravura, tra gli attori messo il campo. Operazioni in qualche modo leggendarie, per la difficoltà di superare la ritrosia dei protagonisti, notoriamente vanesi, e quindi diffidenti quando si tratta di dividere primi piani con un concorrente di altrettanta bravura. La perseveranza dei produttori e la disponibilità del loro portafoglio ha fatto miracoli, regalandoci nel corso del tempo duetti memorabili, almeno in termini di divismo, con Marlon Brando, per esempio accostato a J Deep (Don Juan De Marco and the Centerfold) e tanti altri, tra cui, solo per citare alcune delle coppie più pregiate, Brad Pitt e Robert Redford insieme in "A River Run Through It", e ancora Deep a far da spalla al mitico Al Pacino in "Donnie Brasco".
Occasioni imperdibili per attori e spettatori, questi film sono stati condizionati il più delle volte da un vizio di fondo, che li ha portati a privilegiare l'unicità dell'evento all'urgenza delle storie e dei loro contenuti. "The Judge" di David Dobkin conferma la regola, presentandoci due attori come Robert Duvall e Robert Downey Jr. impegnati nella parte di un padre e di un figlio costretti a mettere da parte contrasti e divisioni per affrontare il processo in cui il primo in veste di imputato- accusato di omicidio -, il secondo in quella di avvocato, devono affrontare. Sulla carta una scelta perfetta non solo dal punto di vista anagrafico ma per le coincidenze con un immaginario che soprattutto per il ruolo da "figliol prodigo" di Downey Jr rispecchiava in parte le vicissitudini autobiografiche dell'attore, morto e risorto nel giro di pochi anni a causa delle ormai note vicissitudini. Da una parte dunque il carisma e l'esperienza di uno dei beniamini della New Hollywood messi a servizio dell' uomo di legge duro e integerrimo che si ritrova di colpo messo in discussione; dall'altra l'affascinante guasconeria del più giovane collega prestata ad Hank Palmer, avvocato spregiudicato e di successo obbligato a ritornare nella provincia da cui era fuggito per aiutare il genitore che lo ha mai amato.
Se l'impiego degli attori e la loro messinscena in una cornice melodrammatica e intimista, che favorisce contrasti e introspezione, è ideale per ammirare le differenze di due indubbi cavalli di razza, a non convincere è la sceneggiatura che non riesce a tenere testa alle numerose sollecitazioni innescate dai vari filoni della storia; quello procedurale, che "The Judge" porta a conclusione senza i meccanismi dialettici e d'indagine capaci di giustificare la sua centralità narrativa; quello tragico e sentimentale sviluppato più in termini di sorprese e colpi di scena che di profondità psicologiche, rivelate ma per lo più lasciate sospese in una vaga inderteminatezza, resa ancor più evidente dalla generosità del minutaggio (136'). Alla fine quindi il valore di un film come "The Judge" consiste soprattutto nella possibilità di un'offerta che mette insieme interpreti, anche secondari (Vincent D'Onofrio, Vera Farmiga, Billy Bob Thorton) in genere poco visibili rispetto alla loro bravura. Continua invece la maledizione di Robert Downey Jr che non riesce più ad azzeccare un film al di fuori degli amatissimi Marvel Movie.
(icinemaniaci.blogspot.com)
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