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Pride

Regia di Matthew Warchus vedi scheda film

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La recensione su Pride

di obyone
7 stelle

 

Joseph Gilgun, Sophie Evans, Andrew Scott, George MacKay, Ben Schnetzer, Freddie Fox

Pride (2014): Joseph Gilgun, Sophie Evans, Andrew Scott, George MacKay, Ben Schnetzer, Freddie Fox

 

Paddy Considine, Bill Nighy

Pride (2014): Paddy Considine, Bill Nighy

 

Immaginate di essere al museo di Madame Tussaud e di osservare due uomini. Due statue di cera, a dire il vero. Il primo ha il casco giallo in testa ed il faro puntato su di voi. La barba di un giorno, gli abiti lerci e magari un paio di candelotti di tritolo che gli escono dalle tasche. La vostra fervida immaginazione non farà fatica ad inserire l'omino in un pub di provincia, con in mano una pinta di birra, mentre palpa il culo della cameriera tra un rutto e l'altro. La vostra mente vi avrà già fornito l'identikit dello sconosciuto: un rude minatore gallese. Guardate, ora, l'altro personaggio. Pantacollant attillati, scarpa col tacco, camicia svolazzante, un filo di phard, occhiali luccicanti. Servite al Signore un immaginario Bloody Mary che sorseggerà sbattendo le lunghe ciglia. La vostra icona gay di Old Compton Street è servita. Esplosiva come il drink che tiene tra le mani troppo grandi. Le due statue di cera farebbero la loro figura al museo ed il vostro divertimento sarebbe assicurato... sempre che vi piacciano i cliché, naturalmente. Se ne siete ammaliati state alla larga dal regista Matthew Warchus e dallo sceneggiatore Stephen Beresford. Loro non amano gli stereotipi ed hanno altre ambizioni. Beresford, in particolare, vuole raccontare una storia (vera) che avvicina due mondi lontani anni luce tra loro, con personaggi che hanno poco o niente di caricaturale. Cosa che potrebbe deludere chi si aspetta, dall'autore, la classica commedia omosessuale, ma non sfigura agli occhi degli amanti del working-class style e della british comedy. Regista e sceneggiatore ci raccontano di un gruppo di ragazzi e ragazze gay, normali o strambi come possono essere tutti, politicamente impegnati, (alcuni di loro tra le fila del Labour Party), che fondano un'associazione per appoggiare economicamente i minatori britannici in sciopero a causa della mosse liberiste del premier Margaret Thatcher che ha deciso, tout court, la chiusura delle miniere di carbone. L'associazione si chiama LGSM (Lesbians and Gays support the Miners), è fondata da Mark Ashton e Mike Jackson, ha base nella libreria gay di Gathin e Jonathan, e raccoglie per strada qualche soldo e qualche nuovo membro per fronteggiare la situazione di disagio dei lavoratori in sciopero. Ma perché mai gli omosessuali di Londra dovrebbero aiutare i minatori, non certo famosi per la loro solidarietà per la causa gay? La replica di Ashton alle obiezioni è schietta: "chi li odia i minatori? la Thatcher, la polizia e i tabloid. Gli stessi che sono contro di noi". Il punto d'incontro tra le due comunità, almeno sulla carta, c'è. Ma quando l'associazione riesce finalmente a contattare un gruppo di minatori scioperanti nel Galles, l'incontro assume il tono dello scontro, e solo la pazienza e la costanza riescono ad ammorbidire le parti dando loro un punto di contatto. Nonostante siano i minatori e i ragazzi della LGSM a dar fuoco alle polveri, le vere protagoniste del film sono le donne. Sono le mogli dei minatori che non devono certo sfoggiare virilità, che possono pensare come madri e che accolgono i ragazzi di Londra come figli. Queste donne si trasformano nella colla che tiene uniti i lembi delle due comunità, la cerniera che pian piano sigilla le ferite causate da parole e gesti inappropriati e da atteggiamenti meschini. Non solo, queste donne, confinate nella solitudine di villaggi abbandonati alla loro chiusura, prendono coscienza di sé, delle loro capacità, dei loro desideri, di una vita, la loro, che non è fatta esclusivamente per soddisfare i propri maschi. Evolvono e spingono i loro uomini a fare altrettanto e a schiudersi al mondo. E aiutano questo sparuto gruppo di attivisti a capire quale sia la loro strada, non negando la maternità di cui ancora hanno bisogno ma che spesso gli è stata tolta dalle inevitabili incomprensioni familiari.

 

Dominic West

Pride (2014): Dominic West

 

Imelda Staunton

Pride (2014): Imelda Staunton

 

Così un po' alla volta i giovani maschi di Onllwyn diventano abili ballerini di disco dance, la cucina veggie prende piede al villaggio, le donne scoprono il potere rigenerante del divertimento e sul fronte opposto Mark, Joe e gli altri del gruppo capiscono la necessità di riconciliarsi con se stessi e il proprio vissuto.

La sceneggiatura di Beresford tocca varie tematiche come il diritto al lavoro, l'aids, l'emancipazione femminile, l'orgoglio gay con tocco lieve e calibrato. La regia di Warchus non ha acuti di particolare interesse e si sottomette allo script di Beresford mentre il film si avvale di una strepitosa colonna sonora pop anni '80, di ottimi attori e ottime caratterizzazioni. Imelda Staunton troneggia su tutti e palesa il suo talento d'attrice spalmando una fetta di pane abbrustolito nella scena più bella e commovente del film.

Il finale dolce-amaro ci lascia la sensazione di aver vissuto un'irripetibile storia di solidarietà e di riconciliazione che si vorrebbe rivedere ogni giorno in cui si sentono elogi alla violenza contro qualsivoglia minoranza. In un ipotetico museo... Ashton e soci meriterebbero sicuramente una statua per il servizio civile profuso e per il messaggio lasciatoci in eredità.

 

Andrew Scott, George MacKay, Sophie Evans, Joseph Gilgun

Pride (2014): Andrew Scott, George MacKay, Sophie Evans, Joseph Gilgun

 

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