Regia di Sebastiano Riso vedi scheda film
Istruzioni per l'uso: "La Semaine de la Critique" nasce nel 1962 come reazione al concorso ufficiale del festival di Cannes, ritenuto conformista e fin troppo rispettoso della tradizione. L'intento, oggi come allora, era quello di presentare pellicole indipendenti e originali, capaci di marcare in maniera più netta il distacco con il resto del cinema contemporaneo. Esserne parte in causa in qualità di regista rappresenta dunque, un'investitura impegnativa, sia in termini di aspettative, che di qualità artistica. Una segno di distinzione che può aiutare a comprendere "Più buio di mezzanotte", opera prima di Sebastiano Riso, appena passato nella sezione in questione, così com'era capitato lo scorso anno a "Salvo". Con la differenza che il film di Riso, al contrario di quello di Fabio Grassadonia e Antonio Piazza, ha dalla sua parte una distribuzione certa, essendo il film coprodotto da Rai Cinema. Questo per testimoniare di un'eccezionalità cinematografica che non si ferma ai contenuti ma continua nel suo percorso di diffusione e visibilità.
La storia, ispirata da persone realmente esistite, racconta i "400 colpi" di Davide, adolescente omosessuale in fuga da un'esistenza infelice e da un padre aguzzino, che un giorno si unisce ad un gruppo di ragazzi di strada con i quali intraprende un esistenza raminga alla scoperta di un mondo vagheggiato e sconosciuto.
Se, istintivamente, si sarebbe portati a pensare che l'essenza del film si concentri sulla particolarità della materia narrativa - intessuta di evidenze che il film tratta con pudore ma senza falsità- "Più buio di mezzanotte" va oltre la tematica dell'identità sessuale. La sequenza iniziale è infatti esplicativa di un travaglio interiore che è già diventato consapevolezza, con Davide ripreso in primo piano, e subito dopo immerso in uno spazio arredato a immagine e somiglianza di una personalità esplosa nell'abbigliamento eccentrico, e sui poster che tappezzano le pareti del suo rifugio. Quel che viene dopo invece, è l'affermazione di una diversità pronta a uscire allo scoperto attraverso un apprendistato, drammatico e insieme meravigliato, in cui sofferenza e distacco diventano il prezzo da pagare ad una coerenza vissuta fino in fondo. Vanno in questa direzione sia il filone principale della storia, quello dedicato all'amicizia di Davide con Rettore e la sua compagnia, sia quello secondario, conseguenza di un passato famigliare segnato da incapacità genitorali e credenze popolari, come quella del padre di Davide (un ottimo Vincenzo Amato) che pensa di curarne la "malattia" con rimedi farmateutici e medicinali. Ambientato in una Catania rimodellata sulle coordinate di uno sguardo (del regista) febbrile e insieme fantasmatico, perfettamente in sintonia con l'immaginario appassionato dell'efebico protagonista (Davide Capone), "Più buio di mezzanotte" assume la connotazione di un romanzo di formazione che pesca in un immaginario estetico e cinematografico eterogeno. Da quello iconografico, intessuto di echi almodovariani (il tormentone musicale "Amore Stella" di Donatella Rettore, con quello che ne consegue in termini di rappresentazione scenica) e del Fassbinder di "Querelle de Brest", ripreso nel commento emotivo della vicenda, reso attraverso cromatismi dominanti e fortemente contrastati che riversano sullo schermo l'eros e thanatos prodotto dalla stato d'animo e dalle pulsioni dei paesaggio umano. A quello narrativo, poetico e insieme favolistico, ben riassunto dal piano sequenza, girato nei vicoli della suburra, che sembra rubato a un film della Marvel, con gli amici del protagonista al centro della strada che avanzano con le movenze e la disinvoltura un gruppo di super eroi; oppure al dettaglio del vestito di lino bianco, che rende eguali il padre di Davide e l'ambiguo protettore, interpretato da Pippo del Bono, lupi cattivi di una favola nera.
Sebastiano Riso non fa sconti a nessuno, e seppur in presenza di qualche ingenuità - il canto collettivo all'interno della macchina è troppo scontanto per non stridere con l'originalità del comparto visivo- costruisce un'opera rarefatta e insieme potente, in cui anche l'omosessualità, una volta tanto, viene restituita alla dignità che le spetta. Appena uscito nella sale italiane, "Più buio di mezzanotte" è un film da vedere.
(ondacinema.it)
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