Regia di Shana Feste vedi scheda film
Riprovare, a distanza di trentatré anni, a trasporre nuovamente sullo schermo il romanzo “fuori dal mondo” e senza ritegno “Endless love” di Scott Spencer, una sorta di “piccoli uomini&donne” fuori tempo e fuori luogo, nasconde neanche molto bene una buona dose di masochismo ed autoafflizione che rende coraggiosa, seppur scriteriata, la scelta della regista Shana Feste di tornare sui sentieri della commedia romantica/sentimentale che caratterizza la sua ancora sparuta (e tutt'altro che memorabile) carriera di cineasta.
Senza voler procedere con troppi inutili e fastidiosi confronti col vecchio film di Zeffirelli, forse fin troppo maltrattato all’epoca (la presenza là davvero sfolgorante di una irraggiungibile Brooke Shields e diverse scene più calde che patinate che mi spingono a voler rivedere il film quasi dimenticato se non in ricordi sommari a causa del troppo tempo trascorso dall'ultima visione, ma non del tutto negativi – Zeffirelli è un regista da sempre alla ricerca spasmodica di affronti diretti, polemici e spesso sgradevoli, anche a causa di un carattere e temperamento non certo accomodanti o facilmente condivisibili, ma cinematograficamente non sempre meritevole delle gogne a cui sono state sottoposte quasi tutte le sue opere, alcune comunque di un certo rilievo), questo Endless love presenta la sfrontatezza di mantenere confronti tra due classi sociali antitetiche e poco amalgamabili.
Un aspetto, quello del confronto sociale, magari ancora possibile da raccontare, ma qui tratteggiato con quell’arcaica elementare, ingenua contrapposizione che vede i ricchi arroganti, prevenuti e supponenti, e il ceto povero, quello dei meccanici onesti e lavoratori, come la parte serenamente umile, saggia e disinteressata a mire di scalate sociali plausibilmente realistiche in quelle circostanze.
Detto questo il film, dotato di interpreti splendidi e scialbamente inespressivi quanto basta per ricordarci quanto fosse meglio l'originale degli anni '80, dove e non ricordo male esordiva, o quasi, un allora misconosciuto Tom Cruise, non presenta uno svolgimento vergognoso più di quanto ci si possa aspettare andando, non senza una buona dose di sadismo, a farsi del male a sorbirsi questa favoletta melensa, zuccherosa e fuori da mondi che non siano quelli puerili delle favole più elementari.
E se la Brooke, quasi provenisse da un altro pianeta, risulta al confronto irraggiungibile a scapito della pur perfettina "barbie" Gabriella Wilde, meglio qui rispetto all'originale sono i ruoli di contorno, anche perché affidati alla responsabilità di solidi professionisti del calibro di Bruce Greenwood, Joely Richardson (sempre più clone di mamma Vanessa Redgrave) e l'ex anti-Terminator Robert Patrick.
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