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Magic in the Moonlight

Regia di Woody Allen vedi scheda film

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La recensione su Magic in the Moonlight

di riverworld
7 stelle

Woody Allen è entrato da molti anni, se non decenni, in una fase di minore creatività (non in senso quantitativo ma qualitativo), forse fisiologica per un regista prolifico come lui, acuita dal fatto di dovere/volere realizzare un film all'anno, il che probabilmente non aiuta ad avere idee sempre fresche e nuove sul modo di manovrare la macchina da presa e condurre un film.

 

Per molti nell'ultimo Allen c'è una certa stanchezza registica, ma forse è più corretto pensare che ormai Allen si muove lungo un percorso disegnato e tracciato da lui stesso durante la sua strepitosa carriera, e le messe in scena, gli sviluppi narrativi, il modo di condurre le storie si muovono nel binario sicuro e solido della routine Alleniana, ed a volte questo binario appare così immutabile ed inamovibile da apparire quasi come un depauperamento della sua tipica creatività registica.

 

I film realizzati dal W. Allen dei tempi migliori sono tutti identificabili con un preciso registro narrativo, uno specifico umore, hanno uno stile registico adattato e modulato sulla storia narrata e su quanto il regista vuole far emergere.

 

L’Allen più recente è invece in un saliscendi continuo, alternando momenti migliori durante il periodo British di "Scoop" e "Match point", catalizzato anche da quella che è stata la sua nuova e temporanea musa Scarlett Johansson, a momenti in cui Allen si ispira e solo ad Allen medesimo producendo copie talvolta sbiadite di se stesso.

 

"Magic in the moonlight" si situa a metà strada tra l’Allen migliore e quello minore.

La trama tocca temi enormi (Dio, la morte, l’aldilà, l’esistenza di fenomeni appartenenti ad altre realtà) ed Allen li tratta con i suoi tipici toni leggeri ed un po’ canzonatori, utilizzando però come canovaccio narrativo la tematica della magia che appare davvero abusata e sfruttata all’eccesso.

 

La conduzione del film è abbastanza funzionale e sicura ma eccede in semplificazioni proprio nel momento di svolta della storia, che sembra poco plausibile e viene gestito e narrato in modo frettoloso ed approssimato.

 

Gli interpreti lavorano bene e l’ambientazione di fine anni 20 appare curata e realistica nella sua spensieratezza scevra dal dolore che l’ha purtroppo preceduta e seguita durante i due conflitti mondiali.

 

Un film godibile in puro stile Alleniano, nulla di trascendentale, ma comunque tremendamente solido e certo come (quasi) solo il suo cinema può essere.

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