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Magic in the Moonlight

Regia di Woody Allen vedi scheda film

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La recensione su Magic in the Moonlight

di mc 5
10 stelle

Premessa necessaria per comprendere lo Spirito che animerà queste mie righe a seguire. Io ADORO Woody Allen, la sua idea di cinema e TUTTO ciò che lui scrive e dirige. E' uno di quei pochi casi in cui ammetto che più che un estimatore sono quasi un tifoso. Mi piace la sua visione ironica e dissacrante al contempo, amo la sua cultura e la sua intelligenza, che rappresentano -oggi più che mai- il piu' potente antidoto contro un'idea di cinema volgare e vanamente spettacolare. E siccome non è che la mia adesione alla sua Arte mi condizioni incoscientemente, ammetto ovviamente che non tutte le sue opere sono allo stesso livello. Certo alcuni suoi film sono meno riusciti di altri, ma questo non toglie che la sua produzione sia tutta di qualità eccellente. E a costo di sfidare l'evidenza di una realtà avversa, voglio si sappia che ho amato anche il Woody Allen "romano", quello che alcuni critici hanno giudicato immondo, ebbene sì, al sottoscritto è piaciuto perfino quello. Perchè anche in quell'episodio ho ravvisato la sua classe e la sua raffinata arte di cineasta superiore. Anzi, posso affermare che, insieme a Hitchcock, Polanski e Truffaut, collocherei Allen nell'Olimpo dei più grandi e indiscussi Maestri. Naturalmente so bene che da qualche anno circolano le solite formulette tipo "ha perso lo smalto" "è un Allen minore" "non è più quello di una volta" etc, so bene che ai critici piace assestargli qualche bastonatina di tanto in tanto: fàcciano pure, io resto suo fan inamovibile. Guardate un pò in giro le pellicole ospitate in questo periodo prenatalizio (ma anche quelle che stanno per arrivare nelle sale)...non troverete nulla nella programmazione delle nostre multisale di altrettanto raffinato ed elegante. Ricordo bene l'Allen precedente di "Blue Jasmine", a mio avviso opera di straordinaria bellezza. Diciamo che "Magic in the moonlight" si muove in ambiti completamente differenti, forse è anche un tantino meno apprezzabile, ma resta in ogni caso un film sublime. Woody Allen, pur essendo un Maestro conclamato, come cineasta non ha vita così facile. Come dicevo i critici lo bastonano sistematicamente ma soprattutto non riesce sempre facilmente a reperire mezzi finanziari per realizzare le sue idee, e allora ecco che lo vediamo vagare tra Europa e America alla ricerca delle condizioni e delle risorse per poter realizzare i suoi progetti. Ma è questa la sua forza: Allen non demorde e non si piega, lui (anche se questo può costargli pause forzate e tempi allungati) riesce sempre a realizzare quello che ha in testa, alla faccia di produttori avidi. miopi e ignoranti. E veniamo a quest'ultimo gioiellino. In cui affronta un tema, quello del soprannaturale, che gli è molto caro. col suo consueto tocco delicato e sapiente, raffinatissimo e intrigante. Ecco uno dei punti di forza del Maestro (forse il più clamoroso): l'attenzione maniacale che egli dedica alla qualità dei dialoghi. E' per me un piacere quasi fisico ogni volta assistere a scambi di battute incredibilmente vivaci, brillantissimi, intriganti, che sovente chiamano idealmente l'applauso (se fossimo a teatro spesso scatterebbe). Nel nostro caso infatti tra i due protagonisti è tutto un fuoco di fila di battute sostenute, di dialoghi incalzanti al massimo (roba che al cinema di questi tempi è totalmente assente). La messa in scena è tutto sommato semplice, puntualmente contrappuntata dal consueto jazz d'annata, la spettacolarità totalmente mancante. Quando si hanno a disposizione attori validissimi e un copione intelligente, la spettacolarità o le svolte traumatiche non servono a niente. Quel che serve è affidare a una sceneggiatura brillante e a dei dialoghi infallibili una storia che racconti con BUON GUSTO (ecco l'antidoto alla volgarità cui accennavo all'inizio!!!) le incertezze, gli interrogativi, le fragilità che da sempre accompagnano le effimere esistenze di Uomini e Donne, con semplicità ma con tenacia, per tentare di capire (magari seduti al tavolo di un caffè) il Senso delle nostre Vite. Abbiamo qui una strana forma di illusionista/scienziato che (più o meno alla Piero Angela) dedica tutte le sue energìe a smascherare i finti sensitivi. Ma il destino fa sì che egli si imbatta in un osso particolarmente duro, una ragazza che mostra un'attitudine caparbia all'attività di medium. Per non togliere a nessuno il piacere di scoprire da se' un'opera così accattivante, preferisco non andare oltre, anche se vorrei sottolineare che, come sovente accade con Allen, il contrasto tra i due li porta a sfiorare -sotto la parvenza farsesca- temi filosofici altissimi, quali la scelta di essere agnostico opposta al "dubbio" sull'esistenza di altre VIte oltre la vita. Oppure -volando più basso- sulla misoginìa presente sotto le pieghe della normalità di molti uomini, o ancora sulla costante rincorsa degli esseri umani verso la felicità anche se poi essi stessi non la sanno mai riconoscere. 98 minuti che scivolano via in assoluta gradevolezza. Anche grazie alla perfetta adesione dei due attori protagonisti ai rispettivi ruoli, scritti magnificamente in sede di sceneggiatura, con sfumature cangianti. Emma Stone e Colin Firth si mettono evidentemente a totale disposizione di Allen, rappresentandone perfettamente le intenzioni. Un Allen sensazionale anche se (sarebbe sciocco non ammetterlo) non ai suoi livelli massimi. Ma di questi tempi un magnifico filmetto come questo pare un capolavoro.
PS: sotto Natale, vedetevi pure i filmoni Fantasy (se vi piacciono, a me no) ma sarebbe un grave errore perdere un film prezioso come questo.

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