Regia di Woody Allen vedi scheda film
A conferma che ormai il cinema di Woody Allen procede a ritmi alterni tra commediole e importanti appuntamenti cinefili e d'autore, ci troviamo quest'anno, seguendo questo rito celebrato da una delle persone più metodiche ed abitudinarie del pianeta (così almeno si racconta), ecco che dopo il riuscito Blue Jasmine che ce lo ha riportato agli altari, la sensazione di ritrovarcelo un po' a corto di ispirazione faceva capolino tra le sensazioni che a volte uno avverte (a torto o a ragione, chissà) dentro di sé ancora prima di giudicare un'opera.
Certo per fortuna le cadute basse o bassissime costituite da Vicky Christina Barcellona o ancor peggio dall'inguardabile To Rome with love, sono per fortuna scongiurate, limitandoci qui alla maniera, al vezzo e alla carineria, magari condite certo qua e là da una saporita verve di battute sagaci alle quali il grande cineasta ci ha abituato da sempre.
Londra anni '20: in un teatro colmo di pubblico un celebre mago orientale di nome Wei Ling attanaglia l'attenzione su di lui grazie a magie e ad illusionismi arditi ed eclatanti. Fuori scena scopriamo che sotto le fattezze falsamente orientali si cela un inglesissimo uomo tra i quaranta ed i cinquanta: un bell'uomo, distinto, colto, che gioca a sedurre il pubblico proprio perché non crede nella vera magia ma nell'illusione creata ad arte. Proprio grazie a ciò, mentre si trova nel camerino a struccarsi dalle improbabili maschere che danno vita al suo celebre personaggio, l'uomo viene contattato da un amico che lo invita a passare un periodo in Costa Azzurra, col compito di indagare sulle intenzioni di una giovane sedicente maga che, col il suo comportamento lezioso, il suo gradevole aspetto, ha letteralmente soggiogato una famiglia di facoltosi ereditieri, stregando la madre con sedute spiritiche che nla mettono in contatto col marito defunto, e facendo impazzire d'amore il giovne e viziato rampollo suo figlio, che passa le sue giornate a strimpellare canzoncine romantiche suonando un piccolo ukulele (la passione di Allen, se ricordate lo suonava pure Mia Farrow nel capolavoro ormai distantissimo, temporalmente e qualitativamente, de La rosa purpurea del Cairo).
Tra i due, manco a dirlo, dopo una diffidenza iniziale da parte dello scontroso e diffidente mago in incognito, scoccherà la scintilla, tra i fasti naturali e le cornici zuccherose di una Costa Azzurra da cartolina. Gran cast forse non risonante, ma pieno di caratteristi di gran classe, a tratti sotto-utilizzato (Marcia Gay Harden appare letteralmente sprecata) ed un protagonista, l'ormai onnipresente Colin Firth, in gran forma, non solo fisicamente, molto a suo agio con la commedia frizzante e ben più sciolto che ai tempi già giulivi di Bridget Jones. Emma Stone invece, con quel suo faccino infantile tutta occhioni sgranati e meraviglia in volto, interpreta il suo enigmatico ed indecifrabile personaggio con un disincanto che diviene spesso stucchevole, complice una cornice che fa di tutto per apparire inverosimilmente statica.
Certo la magia è sempre andata a genio a Woody, che la utilizza anche come riparo ultimo per beffare i ritmi di vita, la sua, che lo vedono, volente o nolente, avviato, ormai alla soglia degli ottanta e comunque ancora in perfetta forma, ad un capitolo finale che siamo certi sarà ancora lungo e foriero di prodotti anche solo un po' più intensi e meno fragili di questo gradevole scherzetto ironico ma dal retrogusto dolciastro che può anche infastidire.
Il pubblico al contrario, almeno quello francese di un tardo pomeriggio d'autunno proprio in Costa Azzurra, in quel Rialto di Nizza che mi vede abituale frequentatore, gradisce ed affolla la sala più grande dello storico multiplex, a tal punto da costringere l'organizzazione a ritardare l'inizio per assicurare l'ingresso a tutti i paganti in coda. La vecchia Europa ama incondizionatamente Woody Allen, che ricambia ambientandoci molte delle sue ultime opere, e facendoci spesso rimpiangere le sue maturità artistiche newyorkesi, spesso epicentro di molti capolavori indimenticabili.
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