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Magic in the Moonlight

Regia di Woody Allen vedi scheda film

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La recensione su Magic in the Moonlight

di M Valdemar
3 stelle

 

locandina

Magic in the Moonlight (2014): locandina


Sotto il costume alleniano niente.
Ovvero: sotto i costumi e dietro al trucco e parrucco anni venti, dietro paesaggi bellissimi e immortali come uno sfondo da desktop ad alta risoluzione, oltre l'arredo e corredo della vecchia ricca Europa di inizio secolo (uno scorcio di Berlino, poi l'immancabile Costa Azzurra), e sotto la superficie di una magia tanto decantata quanto tristemente assente, non c'è che il solito - l'ennesimo - verboso trastullamento psicoanalitico del (fu grande) cineasta newyorkese.

Hamish Linklater, Emma Stone

Magic in the Moonlight (2014): Hamish Linklater, Emma Stone


Impossibile, anche per coloro che fossero da poco iniziati al culto di Allen, non riconoscere in un battito di ciglia tutto - ma proprio tutto - il suo armamentario introspettivo, intimo, sociologico: le idiosincrasie, le nevrosi, le considerazioni sull'uomo e sulle fedi, la misantropia, il cinismo e la disillusione, le passioni (il mondo delle illusioni, lo humour, le femmine, il vecchio continente dei bei tempi che furono), il gusto per la battuta e le citazioni-sentenze-rivelazioni.
Senza più la brillantezza di una volta, senza più la capacità di sapersi rinnovare (non se mette in piedi uno show all'anno) e con una scrittura sempre meno ficcante, la ripetitività è diventata la cifra distintiva di Woody Allen; e questo, al di là della "novità della settimana", della trovata che surroghi la mancanza di un vero soggetto e di un'urgenza creativa divenendo essa stessa struttura portante della nuova fatica (nonché specchietto per le allodole per le masse). Peraltro, il tema "magia" l'ha già affrontato in diverse (numerose) occasioni, e recentemente; ma è chiaro, trattasi di pretesto. Per parlare di altro. Di sé, per la precisione.
Un filino sfiancante, e noioso, eh: non deve essere bello essere il suo analista, ascoltare continuamente le stesse paranoie e riflessioni e paure, eppure è quello che è chiamato ad essere il suo spettatore.
Molto poco si salva di questo stanco film dall'aria stantia e viziata, giusto un paio di dialoghi; e poi, per carità, l'effetto "oooh" (leggasi: cartolina) è assicurato dalla bella fotografia, dalla bella ambientazione, dalla bella musica, dal bel finale romantico (posticcio, scoordinato, fuori tempo). Un guscio vuoto di fatua bellezza dentro al quale non c'è nulla, certo non la magia dell'illusione della quale Allen tanto (troppo) parla non riuscendo minimamente a riprodurne toni, tratti, meccanismi, dinamiche, esigenze.

Colin Firth, Emma Stone

Magic in the Moonlight (2014): Colin Firth, Emma Stone

 

Colin Firth, Emma Stone

Magic in the Moonlight (2014): Colin Firth, Emma Stone


Ulteriore aggravio, il fatto che riesca invece nell'impresa di "normalizzare", quasi svilire, la bellezza solare, luminosa, di Emma Stone (ed è pure in versione rossa, per la gioia dell'intero globo!): sarà per colpa del trucco, o degli abiti di scena, delle luci, della macchina da presa, del catering, chissà, però è (purtroppo) evidente. Forse sarà stata la scarsa ispirazione di Woody Allen, già concentrato a dare forma e trasferire specificità al suo ennesimo alter ego, incarnato per l'occasione da Colin Firth, impeccabile e impeccabilmente insignificante.
Come Magic in the Moonlight.


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