Regia di Christoph Hochhäusler vedi scheda film
Rimasti soli dopo esser scesi dall'auto della matrigna durante il ritorno da scuola, Lea e Constantin si perdono tra i boschi di una bucolica locatità polacca ricevendo il soccorso di un allampanato piazzista di detersivi. Nel frattempo il padre si mette sulle loro tracce e, insieme alla compagna assillata dal senso di colpa, si dirige verso il luogo dove il giovane polacco assicura di fargli ritrovare i figli in cambio della promessa ricompensa.
Inizia bene la carriera di questo promettente regista tedesco che centra, con sorprendente equilibrio, la spaesata dimensione dell'apologo sociale con questa rilettura cinematografica della favola dei fratelli Grimm progredendo dall'esordio casuale del racconto verso il raggrumarsi di una materia narrativa densa e sensibile in cui si intrecciano inestricabilmente tanto il livello psicologico (la matrigna afflitta dal senso di colpa di una maternità negata, il genitore diviso tra i doveri di padre e quelli di amante, il figli smarriti di fronte all'inaffidabilità della responsabilità degli adulti, il piazzista bonario che si rivela venale e meschino 'cercatore di dote') e quella metaforica in cui (come nella successiva opera del regista) la famiglia,quale nucleo fondante della civiltà occidentale (non solo teutonica), sembra disgregarsi e frammentarsi sotto le forze centrifughe di una progressiva incomunicabilità (la donna tace, il soccorritore non riesce a mettersi in contatto con la famiglia, le istituzioni sembrano assenti) e nella marginalizzazione dei soggetti più deboli. Ben fotografato in questa complessiva dimensione di spaesamento e di precarietà si apprezza la transizione dalla freddezza distaccata del paesaggio urbano (dai campi eolici del confine tedesco a quelli di grano del confine polacco, dall'incanto fiabesco di un bosco labirintico alla bucolica cittadina di pellegrini in processione, fino alla stralunata scenografia dello sperduto anfiteatro di un appuntamento mancato) alla spoglia desolazione di una casa disadorna,quale luogo d'elezione del focolare domestico, dove stenta a condensarsi il concetto stesso di unità familiare. A dispetto della naturale lentezza del ritmo narrativo, la tensione drammatica viene ben sostenuta dal linguaggio scabro e allusivo e dalla tambureggiante partitura della colonna sonora oltre che dalla concatenazione di eventi che ripercorrono, come mollichine luccicanti, gli usuali percorsi del plot fiabesco. Non privo di inverosimiglianze e incongruenze soffre forse della pretestuosa astratteza del finale ma riesce a mantenere una ammirevole compattezza stilistica e il senso amaro di una incerta deriva esistenziale ed umana. Die verlorenen Kinder.
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