Regia di Cosimo Alemà vedi scheda film
il bello del film è l'aria di totale cialtroneria che si respira nell'impresa di questi 4 disperati lanciati in un'impresa totalmente al di fuori delle loro capacità. anche all'inizio quando si ritrovano a girovagare per il paesello prima, durante e dopo la processione con la statua della santa e ridono e scherzano più o meno nervosamente, sentiamo e vediamo il fallimento dell'impresa criminosa sulle loro facce di disoccupati e perdenti del nuovo millenio. se tra i 4 sbandati ce ne fosse anche solo uno che comunque non avrebbe mai lavorato e/o si sarebbe comunque abbandonato a delinquere, non sarebbe assolutamente nulla in confronto alla reazione spropositata degli abitanti del borgo al furto della loro patrona. il furto della statua rappresenta per i 4 forestieri una possibilità di riscatto verso un mondo che ha deciso che di loro può fare anche a meno. ma per gli appartenenti alla comunità, rappresenta il furto dell'identità da parte di 4 extra-comunitari guardati male, avvistati e tenuti d'occhio già dalla sera delle festività. del resto le uniche persone che danno loro un minimo di aiuto sono due donne di cui una forestiera e ingabbiatasi lì per amore di un uomo sposato che passando il tempo se l'è via-via dimenticata e un uomo appartenente alla comunità perchè nato lì, però a mala pena tollerato dagli abitanti perchè solo e isolato e quindi non capito. il contesto della crisi economica e dell'identità difesa strenuamente dalle piccole comunità era già presente nel recentissimo "piccola patria" e in un altro film disturbante visto di recente, "padroni di casa", ma ovviamente la lista si allungherebbe di ben altri titoli. l'aria settantesca che alemà ha in mente(e che lo spettatore accorto e coevo del regista non può non cogliere) ovviamente non si può riportare paro-paro in un film del 2013. gli abitanti avvezzi a dare la caccia agli animali per sport, sembrano a volte tirarla un pò più lunga del dovuto ed è nella giustizia sommaria che non si riesce a sentire l'empatico orrore che invece provocavano titoli come "non si sevizia così un paperino" o perchè no "ma come si può uccidere un bambino"(e sono i primi titoli che mi sono venuti in mente e saranno sicuramente sbagliati). ma forse è un errore mio. perchè la scena in cui l'uomo sul tetto di fronte al campanile dove agostino(massimiliano gallo, bravo)sta parlando col parroco(renato marchetti)e spiega come ha intenzione di uccidere il parassita che ha invaso "il campo" è appunto tipico dei nostri tempi.... ti sparo perchè hai invaso le mie proprietà. alle autorità l'arduo compito di fare il processo alla comunità(spesso inerme di fronte alla barbara violenza di certi invasori domestici) intera che radunata nel fulcro del paese(la piazza)discute coi cadaveri coperti da teli, come in una normalissima giornata di mercato o domenicale post messa. alla fine merito all'attore francesco siciliano per averlo anche prodotto e ad alemà che ha saputo utilizzare il genere e asservirlo ad una storiaccia di cronaca come se ne sentono tante nei vari telegiornali.
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