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Left Behind - La profezia

Regia di Vic Armstrong vedi scheda film

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alan smithee

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La recensione su Left Behind - La profezia

di alan smithee
4 stelle

Oggi come oggi, affrontare in sala un film con quel divo mediamente stracotto di Nicolas Cage, risulta una scelta che quantomeno fa trasparire un certo sadomasochismo.

Preso atto di ciò, è anche vero che spesso un cinefilo accanito è attratto in parte anche dal peggio che può esistere sul mercato; dallo scult, ovvero da quel film così terribile da risultare quasi interessante.

Le premesse perché ciò costituisca il presupposto inquietante ma anche invitante di questo slabbrato, sconnesso, inaccettabile Left Behind, c’erano tutte e alla fine la presenza del divo finisce per essere una delle cose meno stonate della vicenda: una storia che parte con accompagnamenti musicali gioviali e cinguettanti propri di una commedia leggera, per trasformarsi strada facendo in un dramma familiare di una famiglia avviata allo sfascio, con una moglie fervente credente e un marito pilota di aerei fedifrago e recidivo, oltre che una figlia di ritorno dal college, tutta sdegno e riluttanza nei confronti rispettivamente delle avventure paterne e delle manie religiose della madre (Lea Thompson, la divetta bionda anni ’80, in uno dei suoi sporadici ritorni al cinema).

Film che poi vira nel paranormale, o quantomeno ancor peggio nel mistico, citando a vanvera e banalmente versetti biblici più o meno campati per aria per dare smalto ad una improvvisa sparizione di persone dapprima nell’ambito claustrofobico del viaggio aereo sotto la guida del nostro padre imperfetto Cage, poi su scala generale e mondiale.

Ora, la circostanza che le buone anime che restano tra l’umanità inaridita e peccatrice, vengano “rapite” dal divino per sottrarle alla disgregazione e alla corruzione dilagante della civiltà odierna, poteva essere una golosa opportunità di narrazione; non fosse che il film, moralista e prolisso, si dilunga goffamente e perde tempo a descrivere situazioni collaterali anche drammatiche, riducendosi oltre la metà a divenire un piccolo Airport da poverelli, con incessanti sparizioni di innocenti, inghiottiti nel nulla e catapultati probabilmente nei pressi dei cancelli del cielo per l’opportuna salvaguardia.

Ecco dunque che tra i più intraprendenti dei mediocri e dei peccatori, qualcuno più lungimirante di altri, dovrà accollarsi responsabilità enormi come quella di eseguire un pericoloso ed azzardato atterraggio di un Boeing in autostrada, o indicare la rotta affinché il veivolo possa essere in grado di atterrare in maniera fortunosa.

La melassa di sentimenti di famiglia si mischia all’atmosfera catastrofica creando un mix micidiale che può suscitare risate qua e là e ironico divertimento, oltre che piccole fitte di brivido da stordimento ed incredulità.

Cage, ormai ridicolizzato sino all’eccesso e non senza un certo fondamento dai suoi ex fan (ma qualcuno in fondo si ricordi anche delle sue non rare interpretazioni lodevoli, almeno alla fine del secolo scorso – cito a memoria ed in modo non esaustivo Birdy di Parker, Peggy Sue si è sposata di Coppola, Stregata dalla luna di Jewison, Omicidio in diretta di De Palma, Cuore selvaggio di Lynch, e pure il recente ottimo Joe presentato a Venezia 2013 e poi circolato tardivamente in tre/quattro sale con modalità semi-clandestina, in rapporto alle prestazioni degli altri più o meno anonimi attori del gruppo, risulta ancora il meno peggio, con quei suoi capelli sintetici ingovernabili su una fronte spaziosa che neanche Pippo Baudo all’epoca della prima Repubblica aveva saputo eguagliare…..

La vicenda dell’atterraggio di fortuna prende il sopravvento sugli enigmi mistici, messi bellamente da parte come un dogma che non può esigere alcuna spiegazione in più ma solo una idiota rassegnazione da parte dei singoli protagonisti, che passano dal pianto irrefrenabile alla soave contentezza di essersi salvati, alla faccia di coloro per i quali piangevano.

Vic Armstrong, regista finora a tempo perso con all’attivo (per fortuna) tre soli film non certo irrinunciabili girati ognuno con cadenza ventennale nei decenni dispari dal ’70 ad oggi, è stato celebre ed ottimo stuntman controfigura bondiana e di altri celebri attori; l’approdo saltuario alla regia speriamo non diventi un’abitudine.

La modalità delle misteriose sparizioni della parte onesta e non corrotta dell’umanità, che lasciano questo grigio mondo liberandosi completamente degli abiti, sono colpevolmente debitrici di un altro bizzarro film di cassetta, peraltro migliore di questo, visto anni addietro al TFF e poi uscito in sala col titolo Vanishing on 7th Street.

L’idea della sparizione legata alle anime buone, alla purezza dei neonati, che svaniscono in toto e dei pochi che rinunciano allo scetticismo oggi nei confronti di dogmi completamente fuori della logica che guida lo stile di vita odierno ed i ritmi concitati della scalata al successo, non sarebbe stato male se affrontato da sceneggiatori più abili ed ambiziosi di quelli coinvolti in questo sconclusionato pastrocchio, che tuttavia non mi sento di detestare fino in fondo, a riprova di quanto accennavo all’inizio circa il fascino di opere così poco riuscite da risultare a tratti sin accattivanti.

 

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