Regia di Kiarash Asadizadeh vedi scheda film
La distopia coniugale che Yorgos Lanthimos ha portato a Cannes 2015 con The Lobster (dove essere single è punibile per legge, e i separati devono trovarsi un’anima gemella entro 45 giorni) nell’Iran di oggi è quasi realtà. I rapporti sessuali - e ogni frequentazione fra uomo e donna - fuori dal matrimonio sono illegali, con conseguente incremento di nozze-lampo e relativi divorzi;?al punto che, nei due anni trascorsi da quando Kiarash Asadizadeh ha girato la sua opera prima, è nato in Iran il “ministero dell’amore”, un sito web per incontri privati gestito dal governo, che consenta ai divorziati di tornare a essere metà di una coppia. Premessa necessaria per approcciarsi ad Acrid, premiato al Festival di Roma 2013 per il suo poker d’attrici: quattro donne che il regista segue, come in una staffetta di afflizione, per le vie di Teheran. Poco importa che alcune di loro siano economicamente o professionalmente gratificate: la libertà individuale è negata dalla necessità di un legame con una controparte maschile inaffidabile o immatura (lo script, dello stesso regista, non concede beneficio del dubbio e aderisce schematicamente al punto di vista delle protagoniste), tutte sono ingabbiate in rapporti fallimentari, in matrimoni di facciata o in relazioni clandestine. Dramma in quattro atti ad andamento circolare, si chiude ossessivamente sulle verità intime delle donne inquadrate, paradossalmente astraendole dal loro ostico contesto sociale.
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