Regia di Takashi Miike vedi scheda film
The Mole Song è un film giapponese del 2013 diretto da Takashi Miike.
Sinossi: Reiji (Toma Ikuta), è un inetto poliziotto, dai modi rozzi ma puro di cuore; un giorno dopo aver fatto uno sgarbo ad un noto esponente politico della zona in cui opera, viene licenziato per questioni disciplinari. Il suo capo decide di dargli una "seconda possibilità": dovrà infiltrarsi nella famigerata Sukiyaki, clan Yakuza più potente del Kanto....
Con The Mole Song, Miike partorisce un'opera esorbitante, un pastiche multiforme in continua evoluzione, come dimostra il folle e folgorante inizio:
Si parte in medias res con una macchina che sfreccia per le vie cittadine, sul parabrezza è legato completamente nudo un giovane uomo (Reiji), a questo punto in perfetto stile anime (il film è un adattamento di un celebre manga) ci vengono presentati una serie di personaggi attraverso freeze-frame improvvisi e relative scritte in sovraimpressione, dove ci viene indicato nome e funzione dei soggeti.
L'inizio scopriremo poi essere una prolessi, quindi Miike ci mostrerà come si è giunti a questa bizzarra sequenza iniziale; la pura follia dell'enfant terrible inizierà a traboccare senza freni.
Il film si presenta come uno Yakuza-movie demenziale, dallo stile visionario; ma come spesso accade Miike sfonda i limiti imposti dalla tradizione.
Il regista è diventato celebre per una rappresentazione smitizzata della Yakuza, criminali senza onore pronti a tutto pur di soddisfare il proprio tornaconto, qui tuttavia il regista mescola ancora le carte in gioco; certamente tutti i criminali messi in campo sono personaggi estremamente negativi ma con Masaya (Shinchi Tsutsumi) Miike omaggia, a modo suo, una vasta tradizione dello yazuka-movie classico.
Masaya pur avendo commesso nefandezze, è un personaggio che segue un preciso codice d'onore, ad esempio odia la droga in grado letteralmente di distruggere chiunque (forte messagio sociale del regista); Masaya inoltre vuole redimersi per questo motivo non esita a sacrificarsi per proteggere il suo pupillo (il protagonista Reiji).
Detto questo Miike non si dimentica del suo estro iconoclasta e la smitizzazione viene sostituita dalla ridicolizzazione; in certi frangenti l'opera sembra essere un trattato sociologico sulla Yazuka ma l'impulso creativo di Miike è pronto ad esplodere come dimostra la bellissima sequenza in cui Reiji viene eletto a tutti gli effetti mebro yakuza del clan Sukiyaki.
Un altro marchio di fabbrica del regista presente nel film è la rappresentazione della sessualità, caratterizzata da una tendenza alla bizzaria, pensiamo alla sequenza della perdita della verginità del protagonista Reiji, sublime ed incredibilmente originale. Continiuando con questo tema, Miike si focalizza brevemente anche su una piaga ormai nota del giappone contemporaneo,ossia la perversione verso la biancheria intima delle ragazze, lo stesso protagonista ad inizio film ne rimane "attratto", tuttavia lui stesso sottoliena: «anche io sono un porco ma non sono un porco depravato».
Sul versante tecnico ci troviamo di fronte ad una regia ricca e stratificata, si passa da cinetiche sequenze action con macchina a mano a scene surreali dove regna uno stile neo-pop e visionario, pensiamo all'incontro/scontro tra Reiji e Masaya.
Sul versante critico la nota dolente è la caratterizzaziomne dei personagi, tuttavia i difetti con Miike si trasformano in pregi poichè tutti i soggetti sono messi in scena con un mordente estremamnete accattivante, merito anche dei costumi.
Un film molto particolare in cui si evince chiaramente la volontà del regista di continuare a sperimentare la macchina cinema, forse il miglior Miike degli ultimi anni.
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