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TIR

Regia di Alberto Fasulo vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su TIR

di yume
8 stelle

TIR non è un documentario, non ne ha l’intenzione, è fiction quanto può esserlo una storia vera riflessa in uno specchio

 

scena

TIR (2013): scena

Nel 2013 TIR di Alberto Fasulo (Menocchio, 2018) ottenne il Marc’Aurelio d’oro come miglior film al Festival del Cinema di Roma.

La giuria riconobbe e premiò la sostanza palpabile del “fare cinema” in questo film così scarno, di nudità francescana, dove la cabina di uno di quei bisonti che circolano sulle autostrade è il set, i dintorni del rimorchio gli esterni, i due conducenti, Branko (Branko Zavrsan, noto per No man’s land o Rosencrantz e Guildenstern sono morti) e Matic (Lucka Pockja), i protagonisti dai dialoghi quasi inesistenti.

 

A Venezia, sempre nel 2013, Stephen Knight aveva portato Tom Hardy in Locke, e l’abitacolo di una macchina in corsa era stato il set di un capitolo della vita del protagonista, in gara col tempo per un suo problema di difficile soluzione.

Claustrofobia e tensione estrema si sommarono, imparammo che una vita compressa in pochi metri cubi può comunque sprigionare faville e Locke lasciò il segno.

 

scena

TIR (2013): scena

Fasulo va oltre, svuota, decomprime, l’aria diventa rarefatta, la macchina e la merce sono al centro e l’uomo si annulla, compie gesti meccanici, s’ingloba totalmente nel mezzo che conduce.

Il regista ha viaggiato per mesi su quei mezzi, ha guardato vivere quegli uomini, ha perfino fatto prendere la patente per guidare TIR al suo protagonista, quel che ne è derivato è la vita in diretta, e non è un bel vivere.

Dall’interporto di Pordenone alla Spagna, da Budapest al Piemonte, il film fa centro sul nord-est d’Italia, ma ben presto si perdono i connotati geografici, ci si muove in quella quarta dimensione che oggi è la più consueta appena varcato il confine dell’orto di casa.

 

TIR non è un documentario, non ne ha l’intenzione, è fiction quanto può esserlo una storia vera riflessa in uno specchio, è un breve segmento di vita al tempo degli svincoli e dei nastri autostradali, degli interporti e delle stazioni di servizio, dei containers carichi di merci da scaricare a centinaia di km di distanza e di uomini on the road 24 ore su 24.

 

Dal rimorchio esce di tutto, da casse di lucide mele rosse etichettate una a una e tutte uguali a rosei maiali grufolanti, anch’essi tutti uguali; la merce viaggia compatta e ben stivata verso la meta, quella “invenduta piange”, dice Aldo Nove, l’uomo la carica, la scarica, la ritira, la consegna, vive con lei ma non sa nulla di lei.

Nell’abitacolo il silenzio è rotto da qualche telefonata alla famiglia, un po’ di musica del suo Paese e da una voce metallica che dalla console di comando detta consegne e orari.

Il nuovo schiavo del terzo millennio obbedisce.

 

Matic no, è arrivato al punto di rottura, molla il TIR a Branko e se ne va, quel lavoro è ben pagato ma lui non è come l’amico.

 

scena

TIR (2013): scena

Branko era un insegnante.

Guida i TIR per guadagnare un po’ più della miserabile paga di un insegnante.

Mai una smorfia, un lamento, guarda avanti e va, ma con gradazione millimetrica lo vediamo invecchiare, di una vecchiaia che non è data dall’età ma da quello che ti capita nella vita.

Una moglie lontana, ansiosa per il futuro incerto in un paese dell’Est oltre un confine lontano, un figlio che ha bisogno dei suoi soldi per comprare casa alla famiglia in formazione e il gruzzolo accumulato a fatica che se ne va, l’amico che non ne può più e lo molla in mezzo ad una strada con il TIR pieno di maiali, i vestiti sporchi dopo aver spazzato la merda dal rimorchio, la camicia che puzza e i km, tanti, ancora da coprire, il fornello a gas per scaldare la minestra accovacciato dietro il camion e una doccia che cola da una tanica agganciata sopra il portellone.

 

Sulla strada, oggi.

 

Giulietta Masina, Anthony Quinn

La strada (1954): Giulietta Masina, Anthony Quinn

Spariti Gelsomina e Zampanò, il Matto è morto, il mare, le montagne, le piazzette dell’Italietta povera e contenta un ricordo lontano.

 

L’orizzonte è cemento, segnaletica orizzontale e verticale, svincoli e caselli, cavalcavia e tunnel.

Vite sospese su gomma, si fermano solo se c’è il bollino rosso, passano i vacanzieri per vacanze di sogno.

 

 

 

 

www.paoladigiuseppe.it

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