Regia di Alberto Fasulo vedi scheda film
Storia complicata ma non tragica, limitata ma non unica.
Nella vita di Branko, autista croato di autotreni, tutto è transitorio, ogni luogo è di passaggio niente è tangibile tutto è astratto. Il tempo di sosta lo si deve impiegare per le funzioni vitali primarie e per l’igiene personale senza la possibilità di guardarsi attorno. Il viaggio non è quello wendersiano avventuroso che ti trasforma, ma è quello che ti cambia lo stesso nel senso che dopo ti senti più stanco e più vecchio. Il problema di Branko è il dilemma del lavoro odierno, di chi deve scegliere se restare nel proprio paese è accontentarsi di guadagnare poco o nulla, oppure spostarsi e ottenere migliori condizioni economiche. Chi sceglie di guadagnare deve essere pronto a lasciare i suoi cari provando a gestire i rapporti familiari a distanza. Compensare la lontananza fisica con la maggiore disponibilità salariale non è sempre possibile, cosi come è molto difficile crearsi dei rapporti umani concreti nel paese di migrazione. Branko sa che le sue radici non possono essere in Italia che lui vede come qualcosa di provvisorio e straniante anche perché sa di avere la scelta di mollare tutto come fa il collega. Lo stile del regista accumula l’ordinario e il banale per restituirne una visione contenuta che comincia e finisce nel mezzo di trasporto e di vita quotidiana e che al massimo si allarga alla strada che l’uomo si trova a percorrere. Non una storia straordinaria e nemmeno un film sullo sfruttamento nel lavoro ma la storia di uno sradicamento di chi si deve far raccontare le cose che accadono nella sua casa, anche le più comuni e normali per riattaccarsi alla concretezza rispetto alla realtà di un attività molto redditizia ma poco stabile. Racconto di un problema universale filmato dal punto di vista del protagonista che ci e si racconta mentre il film e il tir vanno avanti.
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