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TIR

Regia di Alberto Fasulo vedi scheda film

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La recensione su TIR

di alan smithee
6 stelle

FESTIVAL INTERNAZIONALE DEL FILM DI ROMA - CONCORSO
Miglior film neanche tanto a sorpresa, in verita'. Assistendo alla proiezione ufficiale l'altra sera, in presenza del regista e dell'interprete, del direttore Muller, del fresco vincitore di Venezia Gianfranco Rosi e di Giuseppe Tornatore, si percepiva palpabile che il film, piu' efficace che bello, ma comunque in ogni caso, piaccia o meno, molto in sintonia con il linguaggio documentaristico dell' ultimo Leone d'oro Sacro Gra, potesse avere serie possibilita' di risaltare sulla concorrenza. Personalmente non mi trovo molto d'accordo (e quando mai!) con il verdetto della giuria, anche solo avendo visionato solo un terzo dei film che lottavano per il premio del miglior film. Tuttavia di una cosa almeno bisogna dare atto: almeno nel raffronto obbligato e inevitabile con Sacro Gra, Tir non finisce fuori tema o per perdersi in storie  che fanno solo da pallido sfondo all'argomento esposto o preannunciato già nel titolo. E le vicende problematiche e complesse di un ex professore croato che sceglie di inserirsi nel mondo degli autotrasportatori dicandosi a fare l'autista perche' solo cosi' riesce a portare a casa uno stipendio di ben tre volte superiore alla sua magra paga da docente di pura sussistenza, e' la storia dal sapore verghiano ma dal taglio sin troppo accanitamente documentaristico, di umanita' caparbia e tutto fuori che arrendevole,  che si sacrifica per una vita che possa essere migliore, sostenendo e sopportando il caro prezzo della solitudine e della incomprensione,  terribile ed amarissima quando proviene da quelle stesse persone per le quali si stano compiendo tutti i sacrifici. Una pellicola sulle asperita' della vita che il taglio essenziale ed estremamente realistico di una recitazione che quasi si annulla nel reale (come se ad un certo punto alcuni nostri cineasti nazionali volessero ricalcare le orme di un neo-neorealismo di stile iraniano, alla Kiarostami per certi versi), rende ancora piu' drammatica, ma anche piu' debole nella esplicitazione di un sentimento che una costruzione piu' soppesata e descrittiva avrebbero permesso.

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