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Sotto una buona stella

Regia di Carlo Verdone vedi scheda film

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alan smithee

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La recensione su Sotto una buona stella

di alan smithee
6 stelle

Verdone da un trentennio a questa parte utilizza il genere più classico (per altri colleghi diventa scontato e prevedibile) della commedia leggera, per costruire piccoli spaccati ironici e spesso divertenti di certi nostri abbruttimenti comportamentali, culturali ed emotivi, spesso condizionati da mode, usi, fenomeni economici che le alimentano e sostengono; magari insaporendoli col gusto aromatico, gradevole, dell'ironia che ben si accoppia ad una comicita' garbata di buon ritmo, classica, forse un po' scontata , ma scritta (dall'autore coadiuvato spesso da abili sceneggiatori piuttosto noti) nel rispetto di un certo senso di brio e brillantezza di gag. Lo sfondo di oggi non può non essere quello drammatico di una crisi che non guarda piu in faccia nessuno; e dopo i dinamici precari criminosi di "Smetto quando voglio", dopo l'inguaribile ottimismo semiserio del più abile camaleonte in versatilità lavorativa che si sia mai visto sullo schermo dopo lo Zelig alleniano, rappresentato dal notevole e sottovalutato "L'intrepido" (dove non a caso un gran regista come Amelio esordisce tardivamente e a carriera matura, nella commedia, per narrarci con maggiore spessore la drammaticità del "sopra"vvivere  quotidiamo), ecco che pure la commedia del comico romano rimane inevitabilmente  intrisa nello stagno acquitrinoso di un precariato ed una povertà del mercato del lavoro che non possono che fare da pilastro drammaturgico ad una storiella lieve che peraltro caratterizza, come sempre, il cinema dell'attore e regista romano. Un Verdone che ha qui la felice intuizione di trovare in Paola Cortellesi un'attrice in grado (come la Buy nel riuscito "Maledetto il giorno che ti ho incontrato") nuovamente di tenergli testa, ed in grado di reggere da sola alcune tra le piu riuscite situazioni comiche della pellicola. Un film che vince anche, oltre che nel suo cast (dove citerei senza esitare la drammatica, solenne, teutonica presenza di una Tea Falco dalla voce profonda e la folta chioma sul bel viso allungato e severo), nei suoi svariati momenti più divertenti (peraltro in parte "bruciati"" da insistenti quanto insopportabili trailers esageratamente incalzanti da giorni su radio e televisioni). Laddove invece soccombe - come spesso avviene nel nostro paese e quasi sempre nei territori molto calpestati della commedia - e' nella rappresentazione troppo perfetta, asettica, e quasi da telenovela, di interni di abitazione ingenuamente poco credibili: e non tanto in quanto vasti come improbabili piazze d'armi (qui il protagonista, broker in disgrazia, è in effetti stato uomo molto ricco e come tale, in grado di permettersi certe regali strutture architettoniche), quanto perché troppo finti, troppo ricostruiti artificialmente, con cartapesta e quelle ridicole luci neon ad effetto: case insomma troppo perfette per rendere l'idea concretamente realistica di spazi vissuti, condivisi e consumati. Un peccato magari non tra i fondamentali, ma che finisce per togliere spessore, compattezza e credibilita' ad una storia, forse una  favola, un po' troppo buonista ed ingenua, che dovrebbe almeno essere lo specchio sincero o probabile del sottofondo che riunisce ed accomuna alla realtà una fiction che non ha l'umiltà di celarsi nel realmente vissuto.

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