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Squola di Babele

Regia di Julie Bertuccelli vedi scheda film

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La recensione su Squola di Babele

di gaiart
8 stelle

La cour de Babel di Julie Bertuccelli e La mia Classe di Daniele Gaglianone

 

di Gaia Serena Simionati

 

 

“Le uniche poesie che vale la pena scrivere sono quelle con dei versi che se si prendono e si tirano contro una finestra, il vetro si deve rompere.”  

Daniil Charms

                               

 

 

Su questa frase sono costruiti entrambi i film di cui si vuole raccontare: il dolore e l’intensa poesia!

Avvolgente, illuminante, istruttivo e commovente il primo, La cour de Babel, è un film di Julie Bertuccelli, presentato nella sezione Alice nella città al film festival di Roma.

La pellicola raccoglie in forma documentaria per un intero anno, i progressi, lo sconforto, i racconti e le esperienze di vita, spesso traumatiche, di bambini provenienti da 24 paesi e accolti per l’insediamento scolastico in Francia, in una scuola media di Parigi nel X Arrondissement.

Tra gli undici e i quindici anni, siano essi bambini africani, arabi, brasiliani, russi, mussulmani, cattolici o ebrei, il lavoro svolto s’inchina alla totale integrazione e accettazione delle diversità, linguistiche, culturali o religiose, sia verso la Francia, sia tra gli alunni stessi.

Il film è interessante per aspetti polivalenti. Da un lato ci fa comprendere che le differenze sono utili e un arricchimento, così come si percepisce dai rapporti creativi e costruttivi che s’instaurano nei profondi legami tra scolari e insegnante.

Secondariamente, ai bambini viene offerta la possibilità di recitare e partecipare a un festival cinematografico.

Qui, le loro forti emozioni e le grandi sensibilità connesse al sentire profondo di vite difficili, fatte di abbandoni, violenze, lontananze da casa, dal paese natio o dai genitori stessi, trovano il canale espressivo migliore e utile a valorizzarne le attitudini, dove l’arte e il cinema hanno un terreno primario e aiutano a mescolarne le anime, le diversità, confermandone il valore aggiunto.

Altro esperimento, antecedente a questo, fu il film, sempre francese, Entre le Murs, di Lurent Cantet del 2008, che ha vinto la Palma d’Oro a Cannes e persino una nomination all’Oscar.

Se Bertuccelli s’ispira a Entre le Murs, allora anche il suo omaggio alla scuolae al potere che essa ha di modificare, plasmare anime e cervelli giovani, ben vengano molte pellicole così istruttive che, finalmente, fanno capire e indelebilmente cristallizzare il valore dell’insegnamento.

Ma mentre in Francia l’insegnante di La cour de Babel diventa Ministro della cultura e all’integrazione per le sue doti straordinarie, in Italia il film dovrebbe rivolgersi a tutti quei geni di politici ignoranti che tagliano i fondi sia alla scuola che alla cultura in generale, forse per tenere le masse più sotto controllo.

 

Recentemente anche un altro sensibile regista italiano come Daniele Gaglianone si è confrontato con un tema urgente e simile in La mia Classe.

La struttura del film è doppia e si articola su due livelli: in uno, il simpatico Valerio Mastandreaimpersona un professore che dà lezioni d’italiano a una classe serale di veri stranieri adulti. Sono tutti extracomunitari che vogliono imparare la lingua per avere il permesso di soggiorno, per integrarsi. Arrivano da diversi luoghi e ciascuno porta in classe la propria vita e realtà, spesso dolorosa.

Nell’altro si esibisce chiaramente che si sta girando un film. Questi due livelli s’intrecciano fino a diventare inscindibili: l’obiettivo è quello di fare in modo che lo spettatore smetta di chiedersi che cosa sta vedendo, un documentario, un film di finzione, un docufiction, un backstage, etc… semplicemente perché tutte queste categorie non hanno più senso in questo contesto di sopravvivenza! Le etichette non rendono vivi e tantomeno liberi!

Mettendo in scena se stessi gli extracomunitari rendono il film un meta-film e la potenza dei racconti che lo genera è comprensibile solo a chi ha tempo per l’ascolto! E si spera siano in molti!

 

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