Regia di Pepe Danquart vedi scheda film
Le uscite a ridosso della Giornata della memoria infrangono la tentazione dell’oblio e svolgono un ruolo sociale ed educativo: ci portano in guerra. Solitamente a spiare uomini e donne infranti, ragazzi sottratti alla vita, dignità calpestate, sadismi impensabili. Ritratti struggenti e riflessivi - spesso manichei e ricattatori - con il cinema come supplente; strumento essenziale, necessario, quanto spesso sacrificato dalla necessità di lenire le ferite della coscienza collettiva. Soprattutto della storia e dei suoi vicoli bui. Corri ragazzo corri non infrange nessuno di questi codici, ma è supportato dalla potenza evocativa di una storia che, volendo o no, arriva a toccare corde ancestrali. È una biografia, la vera storia di Yoram Friedman: un ragazzo ebreo di Varsavia, a cui dall’età di nove anni viene progressivamente sottratto tutto, anche il più istintivo dei sorrisi, quelli che per gran parte del film mitigano l’orrore nazista. Una fuga infinita, durata per anni, con accumuli drammatici sovente eccessivi: dal ghetto dove gli vengono uccisi genitori e fratelli, dalle foreste gelide dove perde i compagni, dai polacchi che consegnano bambini alle SS per un tozzo di pane. Picchiato, rincorso, rifiutato, vessato, privato di un braccio, ma animato da un indomito spirito di sopravvivenza. Che è la cifra simbolica di un film da proiezione per le scuole, a cui manca un manico e su cui pesano i dialoghi ingessati, ma verso il quale si finisce per nutrire sano rispetto.
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