Regia di Alessandro Lunardelli vedi scheda film
“Il mondo fino in fondo” è l’opera prima di Alessando Lunardelli ed uscì nelle sale italiane nella primavera del 2014 dopo una sortita autunnale, l’anno precedente, alla Festa del Cinema di Roma dove ebbe la presentazione ufficiale. Il film racconta la storia di due fratelli impegnati quotidianamente sullo stesso fronte ossia l’azienda di famiglia. I due si frequentano assiduamente e tutti i giorni devono confrontarsi con problemi economici, prestiti da restituire e la ridotta produttività dell’azienda del padre che, forse stanco, forse annoiato, preferisce lasciare in gestione ai figli il suo ex gioiellino. Davide (Filippo Scicchitano) e Loris (Luca Marinelli) si vedono tutti i giorni ma in realtà non si conoscono affatto. Davide è single mentre Loris è sposato. Davide è sensibile e pacato mentre Loris è un cazzone dalla faccia di bronzo. Davide nasconde un pesante fardello dietro ad una relazione di comodo con una ragazza sua amica. Il padre ed il fratello credono sia la fidanzata ma la situazione sentimentale del giovane è ben diversa da quanto sperato nell’entourage familiare. Un viaggio inaspettato a Barcellona sembra mettere i due fratelli sulla stessa strada ma la fuga di Davide a Santiago del Cile per inseguire un enigmatico e affascinante attivista butta all’aria i programmi di Loris fatti di calcio e spogliarelliste. A Loris non resta che rinunciare a tette e palloni e mettersi alla ricerca del fratellino scappato. Il viaggio nelle profondità del Sud America consente, ai due giovani di avvicinarsi ed intavolare un rapporto serio e costruttivo.
“Il mondo fino in fondo” è un road movie la cui classicità viene aggiornata dai repentini spostamenti di scena: l’Italia, Barcellona, Santiago del Cile, le Terre del Fuoco. La ricerca di sé, il bisogno di comprendere il proprio io e la crescita emotiva e personale sono invece gli ingredienti tipici del genere a cui il lavoro di Lunardelli non rinuncia per raccontare il coming out di un ventenne e il lento coming of age di un giovane adulto intrappolato in una stagione emotiva persa per sempre. Brilla il giovane Luca Marinelli, lanciato pochi anni prima nell’olimpo del cinema italiano da Paolo Virzì in “Tutti i santi giorni”. Grazie alla sua esuberanza rende credibile l’irrequieto personaggio di Loris, apparentemente superficiale ma in fondo protettivo e desideroso di stabilità. Meno incisivo, a mio avviso, il giovane Filippo Scicchitano che si era messo in luce in “Scialla” nel 2011 ma che sembra poi sparito dai radar del cinema italiano. Sprecato, invece, il talento di Alfredo Castro il cui personaggio è posticcio come un parrucchino attaccatto ai capelli con le forcine in una giornata di vento. Il suo “Lucho” è un tassista allergico alla polizia di cui ha assaggiato le cure ai tempi di Pinochet. Lunardelli, che ha scritto con Vanessa Picciarelli il copione, poteva evitare di battere il sentiero della storia cilena e delle orribili vicende che seguirono il colpo di stato del 1973. La solennità della materia meritava ben altro approfondimento oppure un saggio silenzio. Il Cile non è Pinochet come l'Italia non è la pizza e se risulta comprensibilmente attraente per un autore italiano accennare ad un argomento di cui il pubblico ha vasta conoscenza ciò non significa che sia necessario.
Le tematiche esplorate dal racconto non richiedevano, infatti, questo accenno reso quasi obbligatorio dall’ambientazione cilena. A mio avviso, questa ed altre leggerezze di sceneggiatura hanno affossato il risultato finale del film con fughe che lasciano perplessi e prese di posizione che sembrano ben lontane dal tratteggio caratteriale dei personaggi. Insomma, sembra poco credibile la repentina partenza da Barcellona per Santiago. Similmente sembra assurdo che un giovane, che non ha mai confessato la propria condizione, trovi il coraggio di seguire uno sconosciuto, di punto in bianco, dall'altra parte del mondo. In molti altri piccoli dettagli la sceneggiatura viola il sacro verbo della sospensione dell’incredulità rendendo piuttosto difficile tollerare l’inverosimile conciliazione dei tempi dell’azione mentre il ricorso alla sottotrama ambientalista sembra poco più di un pretesto per sviluppare la trama del viaggio.
A mio avviso, insomma “Il mondo fino in fondo” è un film imperfetto benchè piacevole, leggero e ben sorretto dalla prova di Marinelli e dagli screzi continui di personaggi in divenire tra cui rientra quello interpretato da Manuela Martelli. Nel prologo c'è un cameo di Barbara Bobulova in una sequenza destinata, a conti fatti, a chiudere il cerchio con le parole finali di Loris al fratello: “avrei dovuto lasciarti andare con lei”. Le scelte ci perseguitano ma non ci possono ingabbiare per sempre perché c'è sempre il modo di spezzare le sbarre che ci rinchiudono e tornare a respirare liberi e vitali. Basta un gesto od una parola per tornare leggeri.
RaiPlay
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