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Strategia di una vendetta

Regia di Frank Darabont vedi scheda film

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La recensione su Strategia di una vendetta

di degoffro
6 stelle

Visto solo perché porta la firma di Frank Darabont. Il film Tv è dignitoso ma ben poco memorabile. La strategia di una vendetta è quella messa in atto da Clint Goodman (nomen omen, per lo meno nella prima parte) ritornato al suo paese natale, fuori città, con la giovane moglie Joanna dopo diversi anni passati a New York. Clint ha un’attività artigianale ben avviata, è molto innamorato di Joanna che mal sopporta di vivere isolata in quei posti, pur in una splendida villa che il marito ha amorevolmente costruito per lei e per i figli che tardano ad arrivare. Joanna in realtà è amante del medico della cittadina e con lui progetta di uccidere il marito, intascare i soldi dell’assicurazione e il milione e mezzo di dollari derivanti dalla vendita della sua redditizia azienda. Messo in atto il piano criminoso (brutale la donna quando, di fronte al marito che striscia sul pavimento morente implorando aiuto, si domanda con disprezzo perché non muore) i due amanti credono di essersi sbarazzati di Clint. In realtà la dose di veleno somministrata nel vino non era letale e l’uomo, benché già sepolto, sia pure in una bara di seconda mano fatta con legno marcito, risorge letteralmente dalla terra per mettere in atto la sua meditata vendetta. Tornato a casa, scoperto che Joanna ha anche abortito con la complicità del dottore, fa in modo che i due amanti si trovino dapprima rinchiusi in cantina dove peraltro anche Joanna fa la sua brutta scoperta in merito alle reali intenzioni del suo compagno, già pronto a farla fuori per scappare con l’intero bottino, quindi costruisce con assi di legno un labirinto inestricabile, dalle pareti mobili, nel quale poter a sua volta seppellire vivi i due assassini (e questo ribaltamento di prospettive è l'elemento più curioso del film, anche se condotto in modo superficiale e blando, senza vera cattiveria). La storia, scritta da Mark Patrick Carducci, non brilla per originalità, è tanto carente di tensione quanto ricca di improbabilità, specie nella parte finale, peraltro la migliore se si sta al gioco condotto quasi ai limiti dell’assurdo (manca però del tutto quel senso di opprimente claustrofobia che dovrebbero vivere i due protagonisti). Gli attori sono piuttosto monocordi (anche la giovane Jennifer Jason Leigh, dark lady troppo stereotipata, prevedibile ed ovvia, del tutto priva di sfumature per convincere appieno, ma va detto che il doppiaggio non aiuta), la regia di Darabont è telefonata, piatta e certamente limitata dal format televisivo, il ritmo non è proprio irresistibile, appesantito peraltro dai toni eccessivamente seriosi (l’ironia è bandita del tutto se non nella sequenza in cui il becchino prepara il corpo per la sepoltura e con le sue dettagliate descrizioni fa svenire il suo giovane assistente). Se non si ha di meglio da fare... Con un seguito “Buried alive 2 – Morte apparente” diretto dal protagonista Tim Matheson.

Voto: 5

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