Regia di Erik Skjoldbjærg vedi scheda film
E' una pellicola curiosa e a suo modo bizzarra. Camera a spalla onnipresente e resoconto documentaristico della più celebre rapina compiuta in Norvegia, che viene analizzata in maniera quasi chirurgica, con ellissi temporali che potrebbero far ricordare il Rapina a mano armata di Kubrick, ma in questo caso non c'è assolutamente analisi introspettiva e drammaturgica dei personaggi ridotti a pure funzioni.
Probabilmente il riferimento dei rapinatori a Heat di Michael Mann non è casuale. Consiste in una licenza dell'autore per marcare la distanza tra la pura fiction cinematografica, con la sua pulizia, la sua perfezione e molto spesso nell'infallibilità dei protagonisti.
Il piglio realistico di Nokas contrariamente evidenzia proprio le imperfezioni da parte di tutti gli attori della vicenda. Un piano che doveva andare liscio come l'olio che presenta fin da subito le sue difficoltà ed i suoi imprevisti.
L'incertezza e l'inadeguatezza di risposta delle forze dell'ordine contro un commando armato fino ai denti e con armi in dotazione ben superiore alla polizia. La nonchalance dei passanti che attraversano lo scenario della rapina quasi con indifferenza. Generato dall'effetto sorpresa che può sortire una rapina in una semi sonnacchiosa cittadina norvegese, tutto questo insieme di elementi genera dei comportamenti ai limiti dell'assurdo, eppure così credibili e realistici. Lontani certamente dai clichè di un'opera di finzione cinematografica. La cosa più interessante della pellicola è proprio questo: non tanto il resoconto preciso della rapina quanto l'analisi comportamentale degli attori in gioco, primari e secondari.
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