Regia di Theodore Melfi vedi scheda film
Vincent (Bill Murray) è un uomo burbero e scorbutico, che ha una moglie gravemente ammalata, che va sovente a trovarla in una casa di cura, e come amante una prostituta e lap dancer russa di nome Daka (Naomi Watts), è dedito alle scommesse ed è un bevitore incallito: il suo tran tran quotidiano è scosso dall'arrivo, in qualità di nuovi vicini di casa, della radiologa extralarge Maggie (Melissa McCarthy) e del figlio Oliver (Jaden Lieberher), coi quali instaurerà, inizialmente in maniera burrascosa, un rapporto che sfocerà in un epilogo imprevisto.
'St. Vincent' è un film che, malgrado uno script infarcito di luoghi comuni sull'incontro-scontro di caratteri già visti e stravisti, con l'uomo di mezz'età che, abbruttito dall'alcool e per le circostanze della vita, si trascina in un'esistenza passata ad odiare il prossimo chiunque esso sia ma che, sotto questa scorza da 'duro', dimostra di avere un cuore da un lato, e la donna con prole al seguito, abbandonata o separatasi dal marito, che non riesce a gestire e a conciliare il lavoro con il tempo da dedicare al figlio, che si trova catapultato in una nuova realtà, la più classica di tutte - la scuola, gli insegnanti e i nuovi compagni - dall'altro, scritto dallo stesso regista, Theodore Melfi, qui solo al secondo lungometraggio per il cinema, vale la pena di essere visto per la freschezza e la spigliatezza con cui la materia viene trattata, con il regista che lascia da parte qualsiasi vezzo autoriale, per concentrarsi sul sontuoso cast, dove ogni interprete brilla di luce propria: da Bill Murray, straordinario nel tratteggiare un personaggio cucitogli addosso dall'autore, attaccato ai soldi (ma poi si capirà anche il perché) come pochi ma capace di slanci di generosità e di cuore, a Melissa McCarthy, 'madre coraggio' che fa un lavoro, il tecnico diagnostico in ospedale, molto delicato anche dal punto di vista umano, e fatica a reggere sulle sue pur capienti spalle anche il ruolo di genitore, al piccolo e sorprendente Jaden Lieberher, al quale, per fortuna, vengono evitate le tipiche smancerie e mielosità di una parte simile, per passare ai ruoli da comprimari, a una Naomi Watts in gran spolvero (in tutti i sensi e...forme), esaltata nella v.o. da un credibile accento dell'Est Europa che temo sia stato rovinato o sia andato perso nel doppiaggio, per finire con due ruoli marginali con Chris O'Dowd, insegnante e sacerdote sui generis, e Terrence Howard in versione strozzino che se la dà a gambe quando teme di essere coinvolto nel malore di Vincent.
Certo, la moralina finale sulla santità che si può trovare in ogni persona sa un po' di ruffianata, ma il tutto viene ben presto smorzato nella sequenza finale, dove si torna ai toni sarcastici del resto della pellicola.
Voto: 7 (v.o.s.).
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta