Regia di Michele Alhaique vedi scheda film
Senza Nessuna pietà arriva al cinema da Venezia con l’appellativo di Drive italiano.
Naturalmente i critici hanno esagerato ma qualche punto di contatto, soprattutto come principio di base c’è.
Il protagonista è un uomo solitario, ripreso inizialmente sempre da dietro seguendolo nel suo mondo.
Mimmo è al servizio di uno zio che gli ha fatto da padre, di giorno capo cantiere e di notte è un’autentica arma usata contro chi non salda i debiti.
Perché dietro questo mondo di palazzinari si nasconde un sottobosco fatto di usura e violenza.
E come il protagonista di Drive anche Mimmo deciderà di alterare il meccanismo dove è incastrato in difesa di Tanya, una ragazza di borgata contattata su internet e usata come pacco dal viziatissimo cugino Manuel (un odioso Adriano Giannini).
I punti di contatto col capolavoro di Winding Refn finiscono qui perché Senza nessuna pietà è un autentico one man show di Pierfrancesco Favino (qui anche in veste di produttore dell’opera prima di Michele Alhaique) che regge sulle sue spalle l’intero film e per farlo bene non ha esitato a ingrassare 15 chili.
Così è entrato nei panni di questo taciturno gigante che parla pochissimo e che si esprime con esplosioni violente.
Una persona che dietro il suo silenzio nasconde un animo fanciullesco, infatti dorme con la luce accesa e si vergogna di mostrare la sua ingombrante pancia, e sotto sotto ha una sua morale; un codice etico che lo mette nelle condizioni di dare una lezione al suo arrogante cugino andando contro a un destino segnato.
Lui ne è consapevole e va avanti come un bulldozer verso quello che crede sia la giusta via per se e per la ragazza che vuole salvare.
Il film è come il suo protagonista va a sprazzi, a sussulti confermando i pregi e i difetti classici di un opera prima.
Dimostrandosi debole nella coerenza narrativa e in alcune scene decisamente gratuite come il pseudo stupro dal veterinario o vedere il cugino già convalescente in casa dopo pochi giorni dall’aggressione.
Di contro la messa in scena e il ritmo fanno presagire un certo talento del regista sicuramente da seguire e che comunque strappa una sufficienza piena per l’inizio torbido e per il ritmo che da alla scenda dell’agguato a casa del protagonista.
Chi ben comincia
Voto 6,5
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