Regia di Thom Eberhardt vedi scheda film
È raro trovare un film con un ritmo precipitoso e leggiadro al contempo, con un meccanismo ad orologeria che riesce ad adombrare anche i (pochissimi) difetti, che concentra la sua attenzione su un’azione ben stabilita senza perdersi in chiacchiere inutili. Senza indizio parte da un’idea geniale: e se Sherlock Holmes non fosse altro che un attore ciarlatano ingaggiato dal discreto dottor Watson per ottenere una maggiore credibilità? La storia prende il via con l’ennesimo litigio fra il vanesio attore (con discutibile passato sulle tavole teatrali) e il puntiglioso medico, risolto con il licenziamento in tronco dell’artista e il tentativo da parte del dottore di essere ascoltato dagli inquirenti.
Se ci si pensa, è la storia di due personaggi malinconici che non possono fare a meno l’uno dell’altro, e che a loro volta non possono fare a meno di avere a che fare con delitti intricati, polizia incapace e pubblico adorante. Originale e godibilissimo, è un giallo colto e popolare allo stesso tempo, che non rinuncia ad elementi buffoneschi (affidati perlopiù ad Holmes e alla governante di casa Watson) e ad una certa dose di humor che in Gran Bretagna ha il marchio d’origine controllata. Brioso, spumeggiante ed ironico, con buona pace di Arthur Conan Doyle che si sarà fatto grasse risate dentro la tomba, si avvale di due attori in stato di grazia come Michael Caine e Ben Kinglsey che riescono a non prendersi mai sul serio. Sembrerà stupido, ma certi film li sanno fare solo gli inglesi.
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