Regia di Luciano Capponi vedi scheda film
Il paradiso può attendere e, nell’attesa, le anime sono rinchiuse, immemori di se stesse, in una via di mezzo tra manicomio e villaggio vacanze dai ritmi di cibarie & divertimento serrati. Il resort per ex viventi è gestito da una multinazionale aliena che tenta di ripopolare la Terra secondo i suoi ambigui fini, ma a scombinare i piani arriva Gennaro Esposito, netturbino morto (letteralmente) di fame che porta con sé la forza vitale della musica, dell’amore e della parlata partenopea. Il factotum Luciano Capponi firma, dopo Butterfly Zone nel 2009, il secondo capitolo di quella che sarà nelle intenzioni dell’autore una trilogia sull’aldilà: protagonista l’ex campione di pugilato ed ex CT della nazionale olimpica Patrizio Oliva, che qui mette a frutto la seconda parte della sua carriera, quella di cantante, al servizio di un personaggio che il pressbook ci informa essere ispirato a Totò. Il budget risicato, palese negli effetti speciali in maldestra computer graphic, mette KO come nemmeno Oliva ai tempi d’oro le ambizioni visionarie e poetiche di Capponi: tra fantascienza e new age, fanciulle discinte e flashback finto-neorealisti, momenti da musicarello e attori non professionisti allo sbaraglio, Il flauto sembra suonare uno spartito tutto suo, un bislacco e stonato inno alla vita messo in scena con mezzi amatoriali. Alla fine, il potere salvifico della musica riscatta le anime dal loro oblio, ma se il paradiso può attendere, il cinema dovrà aspettare ancora parecchio.
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