Regia di Bobby Farrelly, Peter Farrelly vedi scheda film
Nessuno sentiva il bisogno di un sequel, ma ci sono voluti lo stesso 20 anni. All’epoca del capostipite né Carrey né Daniels erano considerati grandi attori e, perversamente, una delle maggiori curiosità di questo secondo capitolo era vedere nuovamente i protagonisti alle prese con personaggi assurti a icone del post-demenziale farrelliano. Sarà che la nostalgia è canaglia, ma il primo capitolo lo si ricorda con piacere soprattutto per le sue trovate più scatologiche. Strategicamente, quindi, come ritrovare il sacro furore del “peto punk” quando i due ex fratellini terribili, dopo essere stati promossi in serie A come degli anti Woody Allen a-intellettuali e una serie di prove non molto convincenti, tentano di mostrare al mondo di essere ancora in grado di scalciare e graffiare come ai bei tempi? Come chiedere agli U2 un disco non pomposo. Impresa fallimentare, dunque, resa ancora più indigesta da un doppiaggio da missione impossibile. Al netto di tutto, qualche battuta, il gioco dei numeri e la scenetta delle birre. Resta il sospetto che perdendo mordente i Farrelly siano diventati inutilmente cattivi e il loro cinema un mero meccanismo inerte. Il capostipite demenziale e de-evoluzionista prometteva altro. E nella malinconica mediocrità isterica di un film che nonostante tutto ha sbancato il botteghino Usa, anche i due protagonisti si perdono, tristi e privi di vita.
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