Regia di John Ford vedi scheda film
Dopo tante lodi l’ho rivisto ancora una volta, e mi piace sempre meno. Le scene comiche o umoristiche sono sconnesse dalle altre, e sono banali, mentre quelle drammatiche sono forzate; entrambe inverosimili. Gli ambienti sono molto belli, ma questo non è merito del film e non giova al suo senso; anzi, spesso tornano gli stessi sfondi della Monument Valley mentre la vicenda è ambientata in posti molto diversi, più a Nord e più a Sud… Essendo la Monument Valley nota a tutti (ma anche nota, già da allora, come ambientazione tipica di moltissimi film western) suona umoristico l’inizio con la scritta “TEXAS 1868” proprio sulla più celebre immagine della Monument Valley (proprio quella ora nota come “John Ford’s Point”!), situata da tutt’altra parte. Comunque la bellezza degli ambienti non è funzionale al film.
L’improvvisa decisione di Ethan di risparmiare la nipote indianizzata non ha alcuna motivazione e sembra un’imposizione di lieto fine molto forzato, o di pedagogico superamento del razzismo; neppure il suo precedente feroce razzismo è motivato: lo dimostra fin dal suo arrivo, reduce sudista dalla guerra di secessione (ostinatamente in divisa dopo tre anni dalla fine della guerra), nel disprezzo verso Martin, mezzosangue accolto come figlio nella famiglia del fratello. Semmai appare motivata la ferocia del capo indiano “Scar” o piuttosto, in spagnolo (come in italiano) “Cicatrice”, leale e rispettoso dei valori umani e del dovere di ospitalità, che si accanisce contro i bianchi perché questi gli hanno ucciso due figli: è sicuramente una figura più positiva, o comunque meno negativa, e più affascinante. Escludo perciò che Ford si identifichi anche solo minimamente in Ethan, che presenta in modo nettamente negativo: l’unico pregio del film potrebbe essere ideologico, di condanna del razzismo; ma evidentemente non è stato chiaro, se molti lo hanno inteso in senso opposto…
La vicenda è tirata giù con arbitrii e incoerenze. Vedo qualche momento valido nella figura del matto Mosè, e forse nelle decantate scene iniziale e finale, peraltro non eccelse. Di buon effetto, singolarmente, varie scene, ma sconnesse dal contesto e a condizione di non esaminarle e di non farsi domande. A partire dalla prima scena drammatica: gli indiani hanno razziato i cavalli e poi li hanno uccisi, li avevano presi solo per far allontanare gli uomini e poi aggredire la fattoria! Ci credete? Eppure nella stessa occasione Ethan ci spiega che l’indiano dorme accanto al suo cavallo; e ammazza senza motivo quelli razziati!? In casa poi la ragazza all’improvviso capisce il pericolo di un attacco indiano e viene presa da un attacco isterico; aveva vissuto lì finora, ma non aveva mai sospettato che gli indiani potessero attaccare… E visto che ora stanno per attaccare la cosa migliore è far fuggire da sola la bimba più piccola… Eppure il tutto ha un buon andamento drammatico, ben concluso in particolare con l’ombra dell’indiano che ingrandisce sulla figura della piccola impaurita sulla tomba della nonna, poi del volto dell’indiano… che suona il corno; altra cosa insensata ma efficace. A conferma che non è necessaria (né sufficiente) la coerenza narrativa, per fare buone scene o un buon film… Ma in questo film ci sono troppe incoerenze vistose e inutili.
Con tanti film belli da vedere e rivedere, non credo che conserverò questo, che ho già visto troppe volte, anche se in teoria ripeto sempre che per valutare seriamente un film si dovrebbe rivederlo fino a conoscerlo a memoria in ogni dettaglio. Ma non lo si può fare con molti film e si deve quindi anticipare un giudizio provvisorio per una scelta su cui lavorare… tanto più che il mio tempo è già prenotato per ben altri studi… è già stato troppo rivederlo altre due volte di fila solo per parlarne male con maggior convinzione!
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