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Senso

Regia di Luchino Visconti vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Senso

di laulilla
9 stelle

Sono passati quarant’anni dalla morte di Luchino Visconti, uno dei più grandi registi del nostro cinema, di quelli che hanno maggiormente contribuito a farlo conoscere e amare nel mondo. Difficile rendergli l’omaggio che gli si deve, dopo i fiumi d’inchiostro e le parole che per decenni hanno tentato di interpretarne l’opera. Ci proverò.

 

 

Il film si apre sulla scena della Fenice di Venezia dove, il 27 maggio 1866, si rappresentava Il Trovatore. Al termine della cabaletta famosa, Di quella pira (era evidentemente il momento convenuto), dal loggione veniva lanciata  sulla platea, che ancora applaudiva il tenore, una pioggia di volantini tricolori, mentre ad alta voce risuonavano gli inviti a sostenere la guerra imminente (sarebbe scoppiata il 20 giugno e durata fino al 12 agosto) contro gli Austriaci che ancora occupavano Venezia*. Con gli alti ufficiali austriaci del parterre si mescolavano ora i garibaldini, uno dei quali, Roberto Ussoni (Massimo Girotti), coordinava l’arruolamento dei volontari a supporto del fronte meridionale della guerra. Il lancio dei volantini aveva provocato un vero parapiglia: allo sgomento degli ufficiali occupanti e del veneziano conte Serpieri (Heinz Moog), che con questi aveva stabilito rapporti d’affari, facevano eco le parole sprezzanti del tenente austriaco Franz Mahler (Farley Granger), prontamente e imprudentemente rintuzzate dall’Ussoni: ne era seguita l’immancabile sfida a duello, nonché l’arresto e l’esilio del “sovversivo”. Poche scene per descrivere il concitato succedersi degli eventi e presentarne lo sfondo sociale e politico: un incipit tra i più memorabili della storia del cinema.

Una brutta storia

I fatti di quella sera avrebbero cambiato per sempre la vita di Franz Mahler e di Livia Serpieri, la moglie del conte, legata a Roberto Ussoni da rapporti di cuginanza e dagli ideali irredentisti. Livia (Alida Valli), che era una bella donna molto più giovane del marito (che le offriva tuttavia agi, prestigio sociale oltre che rispettosa devozione), aveva seguito con apprensione da un palco l’increscioso incidente che stava compromettendo il futuro dell’impulsivo cugino e ora chiedeva di conoscere il tenente responsabile dell’offesa, fiduciosa che la vicenda si potesse comporre pacificamente grazie alla propria mediazione. Nacque, da quell’incontro, la storia del suo amore appassionato per Franz, sullo sfondo eccezionale di una Venezia bellissima sia nell’oscurità inquieta di quella notte sia al levarsi del sole, quando le calli, le fondamente, i porticati, gli approdi, le prospettive del mare aperto manifestavano con caldi colori luminosi la ripresa della vita e delle attività cittadine. Questa Venezia, stupefacente e tutta viscontiana, lontana dalla città dei viaggiatori sette-ottocenteschi, stava rivelando a poco a poco il proprio fascino segreto, e sembrava quasi corrispondere all’inquietudine e alla dolcezza dell’amore nascente nel cuore di lei. I loro incontri erano proseguiti nella clandestinità delle camere d’affitto fino allo scoppio della guerra, quando Franz aveva dovuto seguire il suo battaglione nel veronese, mentre la famiglia Serpieri si trasferiva nella tenuta familiare di Aldeno, fra Trento e Rovereto.
Chi era il tenente Franz Mahler? Era un giovane disincantato fino al cinismo (e non lo nascondeva), un tenace corteggiatore delle signore ricche e insoddisfatte della buona società veneziana. Per lui, come per tutti gli ufficiali austriaci, si stava avvicinando il momento dell’impegno militare diretto: la vita da ufficiale nella zona occupata, per quanto non priva di rischi per l’ostilità latente della popolazione locale, gli aveva finora permesso di vivere fra piaceri e gioco d’azzardo senza essere soggetto a una disciplina troppo severa. La prospettiva della guerra, unita alla coscienza della probabilissima sconfitta e del progressivo e inarrestabile sgretolarsi dell’impero austriaco, metteva in forse le sue abitudini e i vizi consolidati e imponeva un impegno difficile, richiedeva sacrifici, sostenuti da una visione ideale e da uno slancio del tutto estranei alla sua edonistica visione del mondo. Franz non aveva alcuna voglia di morire né tantomeno di perdere la bellezza del suo giovane corpo per le ferite o le mutilazioni orribili, così comuni nei reduci, per di più in una guerra che percepiva come incomprensibile, senza senso. Egli, anzi, cercava i soldi delle sue ricche amanti per comprare la propria diserzione e contava sull’amore di Livia per ottenerli, ben sapendo che la donna aveva davvero perso la testa per lui: gli avrebbe infatti consegnato i denari destinati ai volontari garibaldini, attestati ora non lontani da Aldeno.
L’illusione amorosa di Livia precipitava verso la deriva abietta del tradimento degli ideali risorgimentali; sarebbe poi arrivata l’umiliazione cocente dell’ultimo incontro con Franz, a Verona, che l’avrebbe indotta a denunciarlo presso i comandi militari per aver comprato la diserzione: vendetta feroce, perseguita con determinazione orgogliosa. Al tradimento degli ideali garibaldini nei quali aveva creduto erano seguite, dunque, la delazione e la fucilazione immediata di lui, in un crescendo melodrammatico sottolineato dalla musica di Anton Brukner (Sinfonia n° 7 in Mi Maggiore). Una storia di inganni e tradimenti, attraverso la quale Visconti lucidamente racconta la più vasta crisi del progetto risorgimentale e di quei settori della società che l’avevano sostenuto. Le vicende della guerra, d’altra parte, avevano messo in luce i difetti organizzativi e politici dell’esercito italiano, le rivalità e la confusione fra i comandanti (e fra loro e il re), causa non secondaria del disastro di Custoza, a cui il film dedica una pagina lunga e importante, soffermandosi particolarmente sulle atroci sofferenze dei militari impegnati nel combattimento inutile e crudele poiché il destino di Venezia si era deciso altrove, sul piano diplomatico e non su quello militare, mentre la vittoria dei garibaldini nel Trentino (l’unica italiana in quella orribile guerra) era stata considerata irrilevante ai fini dell’annessione di quel territorio, che sarebbe diventato italiano solo alla fine della prima guerra mondiale (1918)

 

 

Visconti si era ispirato dichiaratamente a un  racconto di Camillo Boito (1836 – 1914)** di cui egli volle conservare, dopo alcune incertezze della produzione, il titolo, sia pure trasformandone la vicenda, cosicché il singolare ritratto di donna che Boito delinea assume un considerevole spessore storico e anche emblematico, facendo confluire nella sua crisi personale la vicenda di un’intera società in uno dei momenti più critici del periodo post-unitario, non dissimile, forse, da quello che egli vedeva nell’Italia dei suoi anni, coll’affievolirsi degli gli slanci ideali che avevano animato poco tempo prima la lotta antifascista a cui aveva egli stesso partecipato.

 

Al termine di questo tentativo di analisi di un film bello e difficile come questo, vorrei segnalare ai lettori le pagine dedicate a quest’opera da un’appassionata studiosa delle opere di Luchino Visconti, Teresa Antolin, che ricostruisce, attraverso gli articoli dei giornalisti e dei critici di allora il clima politico e culturale all’interno del quale il film fu girato: dai dubbi della produzione, ai pesantissimi interventi della censura, ai problemi che avevano preceduto o accompagnato le riprese, alle dichiarazioni dello stesso regista, alle discussioni sul titolo, ai costumi e alla loro ispirazione iconografica…

Si tratta di articoli di grande interesse documentario che forniscono elementi di giudizio assai importanti.

 

 

https://ricercavisconti.wordpress.com/tag/senso-1954

https://ricercavisconti.wordpress.com/tag/senso-1954/page/2/

https://ricercavisconti.wordpress.com/tag/senso-1954/page/3/

 

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*era la vigilia della Terza guerra d’indipendenza, ovvero della guerra che avrebbe opposto all’Austria la Prussia, alla quale si era alleato il giovane stato italiano in vista della probabile disfatta austriaca che avrebbe permesso l’annessione del Veneto. Un riassunto abbastanza chiaro della situazione politica e militare italiana prima e durante la Terza guerra d’indipendenza italiana può utilmente essere consultato sulle pagine di Wikipedia

 

**Delle opere letterarie di Camillo Boito (1836 – 1914) , nonostante l’apprezzamento di Benedetto Croce, poco ci si ricorda, forse perché egli scrisse poco e soprattutto scrisse (senza molto crederci) per sé, essendosi dedicato quasi esclusivamente alla professione di architetto progettista e restauratore in cui particolarmente si distinse; più noto di lui è il fratello Arrigo, librettista d’opera, poeta e letterato annoverato fra i nostri maggiori “scapigliati” della seconda metà dell’ottocento.

 

 

 

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