Regia di Luchino Visconti vedi scheda film
1866: l’Italia tenta di uscire dal giogo prussiano in una Venezia oppressa da un nemico ingombrante. La contessa italiana Livia Serpieri, sposata ad un filoaustriaco, ma membro attivo del patriottismo italico, mette a repentaglio il suo onore, inseguendo pervicacemente l’amore del generale prussiano Franz Mahler, un avvenente gaglioffo arrivista, per il quale pare disposta addirittura a tradire la patria...
Da un romanzo di Camillo Boito, con sceneggiatori di prim’ordine come Suso Cecchi D’Amico, Giorgio Bassani, Tennessee Williams e Paul Bowles, un drammone leggendario firmato dal maestro Luchino Visconti, che si segnala per una messa in scena sontuosa ed una fotografia indimenticabile, così come i costumi e le scenografie. Le splendide location di Venezia aiutano Visconti ad allestire uno scenario superbo di matrice storico-patriottica, ma dal cuore meramente melodrammatico. La prosopopea degli attori e la bellezza delle scenografie attirano gli sguardi del pubblico, rimbalzandosi continuamente la sua attenzione, attirata dai colori sgargianti, dai visi solcati dai sentimenti, dalle maestose scene in costume, dagli occhi sbarrati di Alida Valli (il cui urlo di disperazione riecheggia imperituro nelle orecchie di chiunque abbia visto almeno una volta questo film).
Sul piano formale è un’opera sfarzosa e memorabile, su quello narrativo l’enfasi storica e la vicenda privata si mixano perfettamente. Cionondimeno è un’opera artificiosa , in cui la ricostruzione storica non è sempre inappuntabile. Sul piano tecnico apprezzabili le scene di massa, i generosi movimenti di macchina, le numerose profondità di campo. Pietra miliare del cinema italiano, per quanto intriso di una mole quasi insopportabile di retorica, capostipite del realismo che soppianta definitivamente il neorealismo del bianco e nero, degli attori non professionisti, delle vicende quotidiane e popolari.
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